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CORRIERE DELLO SPORT. Stasera sapremo che Roma sarà

Tifosi As Roma

(G.Dotto) Stasera sapremo. Il Milan è l’iceberg giusto, nobile e minaccioso quanto basta. Quello che ci vuole: affondare o prendere il largo, niente mezze misure.La Roma fin qui è un enigma sospeso, un orgasmo ogni volta interrotto, una squadra fatta della stessa materia dei miraggi. Hai voglia di amarla, ma non sai dove trovare il corpo. Da stasera sapremo se c’è un corpo. Se rotolare nel disastro o nell’estasi. Il confine è sottile, la differenza enorme. Quella che corre tra il “vorrei” e il “non posso”.  Intanto va registrato il miracolo. I tifosi. Quelli romanisti stanno ingoiando di questi tempi rospi notevoli, cucchiaiate di ricino e lo fanno con il sorriso sulle labbra. Fuori dall’Europa, lo schiaffo del derby, mercoledi la stangata a Marassi. Rivolte, sassaiole, imprecazioni? Macché! Fai la ronda tra bar e radio e ascolti solo voci rapite.

Di qua o di là: niente mezze misure. Il Milan darà la risposta Si sono tutti rincoglioniti? Che fine ha fatto il giallorosso sanguigno e polemista? Dove sta l’incantamento, chi è il pifferaio magico?

E’ il primo, grande merito della band nuova di zecca di Trigoria: hanno evocato la parte migliore del tifoso romanista. Quella inguaribilmente nostalgica della Roma di Liedholm e di Falcao, del calcio sinfonico di Eriksson e di Boniek, di quello vertiginoso di Zeman e ultimo, ma non ultimo, quello fluido e sottilmente invasivo di Spalletti. I tifosi soffiano come disperati sull’esile fiammella che è oggi la Roma di Enrique, sperando diventi domani, meglio stasera, un fuoco enorme, che riscaldi tutto e tutti nella pochezza di quest’era glaciale. Meraviglioso essere comunque già così distanti dal tristanzuolo pragmatismo dei Ranieri e di quelli come lui, che si presentano un giorno a Trigoria annunciando: “scordatevi il bel gioco”, quando tutto quello che vogliamo è scordarci casomai di lui, di loro.

Tra coloro che stan sospesi, Luis Enrique. Di qua o di là. Da stasera, “asturiano” sarà una parolaccia o un suono melodioso. L’uomo delle imprese nel deserto, la volpe e l’asceta o un malinconico alieno sospeso tra Stan Laurel e Calimero, il mento che si allunga nella frustrazione? Gli americani. I salvatori della Lupa o biechi affaristi a caccia di stipendi e soldi facili? Per non dire di Baldini. L’Illuminato o il Parolaio? Il Visionario o un Orecchiante? E Walter Sabatini? Un profeta avvolto nell’incenso o un ciarlatano che vende quantità industriali di fumo?

La mia opinione? Pollice decisamente alto. Enrique, il marziano a Roma, sbaglia ancora molto, ma si applica, impara, ed è già comunque così prezioso questo suo essere alieno. Che non sa e non vuole scendere nella mischia di un ambiente spesso greve nelle domande e oltraggioso nelle sentenze. Una boccata di ossigeno un uomo come Enrique. L’allenatore? Sapremo. Gli americani sanno fare gli americani, Baldini, Fenucci e Sabatini sono il miglior team dirigente d’Europa.
Una sola preghiera: non affezionatevi troppo al suono del piffero, alle parole che pretendono di vagheggiare il domani o il dopodomani, quando già l’oggi è possibile. Milan a parte, qualcuno pensa davvero che l’Inter spompata di Ranieri o la Juventus dei Pepe, Krasic e Vucinic sia superiore alla Roma di Enrique? Che il Napoli di Gargano e Inler abbia più qualità di quello di De Rossi e Gago? In un campionato così mediocre questa Roma nascente può affrancarsi dallo stucchevole concetto del “laboratorio” e puntare da subito a fare male, ad essere corpo e non solo promessa. Marlon Brando insegna, si può essere belli e definitivi.

 

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