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IL MESSAGGERO Viaggio tra i misteri di un gruppo malato

Roma-Feyenoord Rudi Garcia
Roma-Feyenoord Rudi Garcia

(M.Ferretti) – La Roma del 2015 è un malato strano. E, per certi versi, sano, visto che pur non stando bene continua ad essere protagonista – a modo suo – sia in Italia che in Europa. Il pareggio contro la Juventus, ad esempio, se non ha riaperto la corsa scudetto ha cementato il secondo posto, che vuol dire Champions diretta e tanti soldi. E in Europa League ogni discorso legato alla qualificazione ai quarti è apertissimo. Eppure nessun tifoso (ovviamente…) è contento, perché dopo la prima gara del nuovo anno, quella di Udine, i giallorossi erano ad un solo punto dalla Juventus (40 contro 39) e adesso si ritrovano a meno 9, con lo scontro-diretto a favore dei campioni d’Italia. E in città tutti sanno, spiegano, assicurano: la colpa è di questo, no di quello anzi di quell’altro. In realtà, nessuno sa. E il sospetto che anche a Trigoria non sia stata (ancora) fatta una diagnosi esatta dei mali della Roma è sempre più forte.

GOMME SGONFIE – Si dice: la Roma non corre. Difficile affermare che lo faccia, a dire il vero. Eppure l’altra sera 10 contro 11 ha messo alle corde la Juve, arrivando al pareggio. E pensare che pochi giorni prima, a Rotterdam, 11 contro 10 aveva beccato in maniera puerile un gol dal Feyenoord, rischiando di compromettere la qualificazione in Europa League. E, allora, qual è la verità? La Roma corre male, forse. Nel senso che ha esplosività (un termine usato da Garcia) solo quando si trova con l’acqua alla gola, in svantaggio e senza più nulla da perdere e da difendere. Più che la spinta delle gambe, la forza della disperazione. La pareggite è figlia anche dei recuperi di cuore e non di gioco (le partite con Sassuolo, Lazio, Palermo, Empoli e Juventus ne sono la prova). Se la condizione latita o va ad intermittenza, il gioco non può essere fluido. In più, non sono state trovate soluzioni tattiche alternative al possesso-palla sterile contro difese schierate: questione di uomini o di schemi? L’una e l’altra. Tornando alla partita di Udine, 6 gennaio, la Roma – che era a meno 1 dalla Juve – da quel giorno aveva a disposizione quasi un mese per rinforzarsi, ma sul mercato ha preso Ibarbo, Doumbia e Spolli che nessuno ha ancora visto, e che nulla hanno portato alla causa. Il male oscuro della Roma, quindi, è anche una questione di rosa? Difficile affermare il contrario. E il discorso chiama in causa chi ha fatto un mercato così sbagliato.

RUDI TROPPO TENERO – Un’altra tesi sul momentaccio della Roma: Garcia non ne azzecca più una, sbaglia tutte le formazioni, fa giocare chi ha nome e non chi corre. Tipo: Totti, che è impresentabile. Tipo Gervinho, che è irriconoscibile. Nessuno è perfetto, si sa: Rudi ha sicuramente toppato qualcosa (vedi gestione di Nainggolan), ma – per dirne una – probabilmente avrebbe fatto giocare di meno Totti se avesse avuto a disposizione un altro attaccante. Se Doumbia, oltre ad essere arrivato tardi e clamorosamente fuori forma, si è subito bloccato per il mal di schiena diventa complicato trovare un altro centravanti.

SENZA CARATTERE – Si dice ancora: la Roma non ha carattere. Di certo, non è una squadra cattiva. Una di quelle che la mettono sempre e comunque sul piano fisico, ma non sta scritto da nessuna parte che non si possano vincere le partite senza “minacciare” gli avversari. Basta giocare meglio di loro. La Roma dello scorso anno non era cattiva, non minacciava nessuno eppure vinceva quasi ogni partita: segno che il fattore carattere non è così determinante. In realtà, se/quando un gruppo non va, zoppica, stenta la causa non è mai una sola, non esiste un solo responsabile e c’è sempre un concorso di colpa che coinvolge squadra, tecnico e dirigenza. Assolvere questo o quello non porta a nulla, se non al peggioramento della situazione.

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