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IL MESSAGGERO Garcia, derby da scudetto

Garcia
Garcia

(M. Ferretti) C’era una volta un allenatore francese trapiantato a Roma che porgeva sempre l’altra guancia, anche a chi gli mollava una bastonata sui denti. Un sorriso, una mezza battuta nel suo slang franco-romanesco e via verso nuove avventure. Oggi quell’allenatore, una volta capito alla perfezione l’antifona italiana, ha smesso di accettare passivamente tutto quanto gli capitava (e capitava alla sua squadra) e ha cominciato a mostrare i denti. Rudi Garcia dal sorriso è passato al ghigno; dalle mezze battute è arrivato alle provocazioni. «Più ci daranno fastidio e più lotteremo. Più ci attaccheranno, più combatteremo», tanto per dirne un paio.

Una botta di follia, la sua, o le conseguenze di vita vissuta? Sa, come tutti, che lo scorso 5 ottobre la Juventus – la sua prima rivale – l’ha battuto sfruttando gli errori dell’arbitro Rocchi e non s’è mai preoccupato di dirlo e di ridirlo. In realtà, l’hanno sottolineato tutti, perfino Max Allegri nel post partita allo Juventus Stadium, ma Garcia adesso non può più dirlo. Anzi, non deve più dirlo. Perché così provoca, condiziona gli arbitri e istiga alla violenza. Rovina il calcio, in sostanza.

AMICI, NEMICI E PRIME PAGINE –  Un uomo dal potere smisurato, a ben vedere. Almeno questo sostengono quanti preferiscono spostare l’attenzione sugli altri piuttosto che guardare ai problemi in casa propria. Mediaticamente una mossa vecchia ma pronta per essere sfoderata nel momento più delicato. A patto di avere la grancassa radiotelevisiva dalla propria parte.

Ma Garcia, convinto di essere nel giusto, difficilmente si farà tappare la bocca. Anche se gli dedicano prime pagine surreali, anche se gli rinfacciano la mancata vittoria della Juventus sull’Inter. Una cosa è assolutamente certa: Garcia è contento solo se/quando la Roma vince. Forse sono altri ad essere contenti se/quando la Roma non vince. Se la sua colpa è dire ciò che pensa, Garcia è colpevole. Senza appello. Arriva la Lazio e la Roma, un punto in meno della Juve, riparte da quel “il derby non si gioca: si vince” che Rudi ha sfoderato nella passata stagione. Conosce l’importanza della partita («Abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio») ma sa soprattutto che domenica la sua squadra affronterà una delle due terze della classe. Impegno complicato, in sostanza. Reso ancor più difficile dal fatto che l’avversario sarà l’altra squadra della città. Rudi ha mandato un suo osservatore a seguire i biancocelesti lunedì sera all’Olimpico contro la Sampdoria e, prima della sosta, aveva spedito lo stesso suo uomo a Milano, per la sfida laziale all’Inter. Ha affrontato direttamente Stefano Pioli, l’allenatore della Lazio, soltanto una volta, all’Olimpico il 29 settembre del 2013, e la partita terminò con la manita giallorossa al Bologna. Questo, però, gli interessa poco: altra squadra, altri tempi. Sa, ad esempio, che la Lazio ha valori importanti sul piano tecnico ma non trema. Non lo fa mai, del resto. E, al tempo stesso, sa che non deve caricare più di tanto la sua squadra, visto la presenza nello spogliatoio di tifosi come Totti, De Rossi e Florenzi.

LAVORO E SERENITÀ PIÙ LJAJIC –  A Trigoria, ieri mattina, Rudi ha fatto un discorsetto chiaro alla squadra (Ljajic è recuperabile per la Lazio: solo contusione). Ha invitato i suoi giocatori a mantenere altissima la concentrazione, a non sottovalutare niente e nessuno perché il momento ha connotati davvero importanti: Roma contro Lazio e Juventus a casa del Napoli. Una domenica da non perdere, che potrebbe rivelarsi fondamentale per le ambizioni tricolori della sua squadra. Ecco perché la sfida alla terza della classe che si chiama Lazio va preparata al meglio: allenamento al Bernardini oggi e domani di pomeriggio, sabato di mattina. Lavoro e serenità, la ricetta del francese. Non sarà facile eliminare le tensioni, ma lui deve provarci. Senza manipolare, senza modificare eccessivamente le abitudini del gruppo.

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