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GAZZETTA DELLO SPORT Allegri: “Roma, se arrivi seconda fallisci”

Massimiliano Allegri
Massimiliano Allegri

(F. Della Valle/M. Graziano) A tavola è divertente, di compagnia, ma rigoroso come un calciatore. A una cosa, però, non rinuncia mai: Massimiliano Allegri a fine cena chiede sempre un po’ di cioccolato. Da «Mimmo-Milano», ristorante milanese frequentato parecchio negli anni rossoneri, lo sanno bene, e non si fanno trovare impreparati.

Allegri, perché ci ha messo tanto a svoltare a livello tattico?

«Già in estate avevamo provato spesso la difesa a quattro, ma qualche infortunio ha rallentato il processo di cambiamento».

Quale sarà l’evoluzione finale?

«Credo che i due a supporto di una punta sia la soluzione più adatta, ma anche il “rombo” è nelle corde dei ragazzi. Ho a disposizione una rosa importante, completa, duttile».

È il «vestito» giusto per questa Juve? Zero rischi nell’abbandonare il collaudatissimo 3-5-2?

«Le trasferte con Genoa, Sassuolo ed Empoli sono state le nostre peggiori prestazioni, e dietro eravamo a tre. In queste gare ho deciso che erano maturi i tempi del cambio di rotta».

Ci voleva comunque un bel coraggio a rivoluzionare tutto in Champions, in una gara decisiva per la corsa agli ottavi.

«Ero tranquillo».

Già, la Champions: siamo al bivio. Dentro o fuori in 180’. I rischi non mancano, sale la pressione?

«Stiamo calmi, tutto è nelle nostre mani e dobbiamo viverla con la giusta tensione. Io non penso solo a qualificarmi, io sono convinto che possiamo vincere il girone ed evitare così un ottavo proibitivo».

Già, però intanto non va sottovalutata l’emergenza in difesa proprio in un momento tanto delicato. Recupera qualcuno?

«Caceres starà fermo ancora un po’, Asamoah più no che sì anche a Malmoe, mentre Evra potrebbe farcela per la Coppa».

Dunque, solo Chiellini, Bonucci e Ogbonna sono sicuri là in mezzo. Guai seri al primo raffreddore.

«Guardate, ho sempre il giovane Romagna (17 anni, ndr ). È bravo, e nell’eventualità andrà in campo lui. L’età conta poco di fronte a qualità assolute. Non è il giovane a condizionare una squadra, sono i più esperti che devono far girare ogni cosa e mettere il giocatore di turno nella miglior condizione possibile».

Riterrebbe positiva la stagione se…

«Scudetto e accesso agli ottavi di Champions».

E invece qual è la sua missione a Torino?

«Voglio riportare la Juventus stabilmente fra le migliori otto d’Europa. Essere sempre lì, consci di non poter competere per mezzi economici con le grandi corazzate del momento, ma pronti a sfruttare il corridoio buono. Non si sa mai, una volta arrivati in fondo…».

È ottimismo vero il suo?

«Mi baso su cose concrete. La società ha costruito una rosa importante, inserendo fra l’altro alcuni giovani davvero forti, già pronti. Coman ha qualità incredibili e Morata ha tutto per diventare uno dei primissimi attaccanti al mondo. Qui si programma, si costruisce con intelligenza, e allora con la giusta pazienza si tornerà ai vertici anche in Europa».

A Roma sono convinti di vincere lo scudetto. Lo ribadiscono ogni volta che vengono a contatto con i media. Come interpreta tanta sicurezza?

«Penso che credano davvero a ciò che dicono. E fanno bene. La Roma è forte e viene da un grande campionato, chiuso al secondo posto. Il fatto è che ora non possono più nascondersi, la pressione sarà forte anche per loro, perché un altro secondo posto non basterebbe, sarebbe una grande delusione, una specie di piccolo fallimento».

Vidal è fuori dal tunnel?

«Sì, ora sta bene, è in crescendo e presto ritroverà il top della condizione. Giocatore fondamentale per noi».

E dei problemi extra campo?

«Io guardo il campo».

Segnali importanti sono arrivati anche da Pogba: ha finalmente metabolizzato il nuovo corso?

«Qui parliamo di un potenziale fenomeno. È già eccezionale così, ma sono convinto che abbia ancora un margine di crescita del 30-40%».

Il giocatore che più l’ha impressionata in questa sua prima fase in bianconero?

«Dei giovani ho già parlato, e allora indico Gigi Buffon, che nonostante l’età ha l’entusiasmo e la fame dei ragazzini».

Che ne pensa di Mancini all’Inter?

«È tornato in Serie A un tecnico importante, ed è un bene per l’intero movimento. Conosce l’ambiente nerazzurro, anche se la società a nuova. E comunque secondo me l’Inter è una buonissima squadra a prescindere, ancora in piena corsa per la Champions».

E il Napoli?

«Ho sempre indicato il Napoli come avversario pericolosissimo nella corsa scudetto, anche quando navigava in acque non buone. Avessero trasformato un paio di rigori in più, Benitez e i suoi sarebbero già lì con noi e la Roma».

Antonio Conte ha lanciato l’allarme: giocatori poco allenati, zero intensità nel nostro campionato. Che ne pensa?

«A noi l’intensità non manca, il fatto è che la puoi fare anche con il possesso, facendo girare la palla, più o meno velocemente. Il mio maestro Galeone mi diceva: “Se la palla ce l’hai tu, nella peggiore delle ipotesi fai 0-0”. Insomma, è impossibile giocare per 90’ con l’acceleratore pigiato, verticalizzare in ogni occasione, pensare di andare al tiro sempre. Ci sono momenti in cui è necessario rallentare, gestire la situazione».

Bisogna comunque ammettere che il nostro è un calcio in crisi.

«Diciamo che ci sono meno talenti, che mancano giocatori in determinati settori, tipo la difesa, però non siamo messi così male. Al prossimo Europeo possiamo giocarcela fino in fondo, non da favoritissimi, ma con buone carte in mano».

Tecnicamente l’involuzione è però preoccupante.

«Il problema è in effetti quasi tutto nel settore giovanile, dove ci sono pochi insegnanti adeguati, dove trovi maniaci della tattica, roba senza senso coi ragazzini. Per esempio, io abolirei la “zona” fino alla categoria Allievi: avremmo difensori migliori nel corpo a corpo e giocatori più intraprendenti, sicuri e raffinati con la palla fra i piedi. Mi capita di vedere allenatori che pretendono schemi e movimenti precisi dai bimbi che giocano a campo ridotto, nove contro nove: assurdo! In Germania, per esempio, a livello di nazionali giovanili scelgono i giocatori migliori dal punto di vista tecnico e li fanno poi crescere insieme, pensando solo alla qualità, almeno fino a una certa età. Da noi, invece, è in generale più facile assistere a scelte figlie unicamente di una determinata idea di gioco. Della serie: ti chiamo se sei adatto a fare un certo lavoro».

Che allenatore è Allegri?

«Uno che vuole in campo sempre i più bravi. Costruisco le mie squadre in base alle caratteristiche tecniche dei ragazzi, mai il contrario».

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