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Ultimatum per lo stadio della Roma

(F. Magliaro) –  Trentadue giorni a oggi. Tanto separa il progetto Stadio della Roma di Tor di Valle dal dover ricominciare tutto da capo. Se, infatti, la Regione Lazio di Zingaretti manterrà il punto e il 15 giugno prossimo chiuderà davvero tutti i giochi, o il Comune e la Roma saranno stati così bravi da portare in Conferenza di Servizi la nuova delibera di pubblico interesse e il nuovo progetto aggiornato, oppure si ricomincerà dall’«anno di grazia» 2014, ovvero dal progetto preliminare e dalla Conferenza di Servizi preliminare. In trentadue giorni più che la Roma e Parnasi – i cui progettisti stanno correndo come non mai – è il Comune a guida pentastellata a dover sciogliere ancora tantissimi nodi politici e amministrativi. Per guadagnare tempo, però, in questi ultimi giorni fra Avvocatura, Segretariato generale e Dipartimento Urbanistica di Palazzo Senatorio si sta facendo strada una nuova interpretazione della legge. La nuova delibera di pubblico interesse dovrà essere considerata solo una «novazione» di quella di Marino, una sorta di «aggiornamento». Quindi, niente più passaggio ai Municipi (IX e XI) e in Commissione. Ma, una volta che il testo della nuova delibera sarà stato approvato in Giunta, si andrà direttamente in Consiglio comunale. Una delibera che, sempre secondo quanto filtra dagli uffici tecnici comunali, non conterrà anche la variante urbanistica, come alcuni consiglieri 5 Stelle avevano, nei giorni scorsi, ipotizzato. La variante – sfruttando anche la nuova disposizione contenuta nella manovra che dovrà essere approvata in Parlamento verrà decisa nella futura Conferenza di Servizi e, solo allora, la delibera passerà nuovamente per i Municipi e, poi, per il voto finale dell’Aula Giulio Cesare.

Di fondo, perciò, l’asso nella manica di tipo procedurale per la Giunta Raggi è quello di cancellare il passaggio della modifica del pubblico interesse ai Municipi: un iter che – pur suscitando alcuni dubbi di legittimità – consentirebbe di riuscire a presentarsi (col fiatone) prima del 15 giugno in Regione con le carte in regola. In mezzo però, aldilà degli aspetti di procedure, ci sono i veri nodi politici che né la delibera della Giunta Raggi del 30 marzo scorso né la Memoria approvata lo scorso venerdì hanno ancora chiarito. Ad esempio la questione del vincolo trentennale: nella delibera Marino era stata inserita una clausola che legava per 30 anni la proprietà dello Stadio a quella della Società sportiva. Nei due documenti della Raggi questo vincolo è scomparso: dal Campidoglio dicono ufficiosamente che Delibera e Memoria contengono solo gli elementi di novità e che tutto il resto delle delibera Marino rimane valido. Ma è una dimenticanza pericolosa visto che quel che fa fede sono le carte approvate e non i tweet o le chiacchiere. Poi manca all’appello il ponte carrabile: si fa quello «Dei Congressi», a spese pubbliche con una progettazione così embrionale da vedere la luce molto dopo l’ipotetica apertura dell’impianto di Tor di Valle, o si virano i fondi pubblici su quello «di Traiano» progettato dalla Roma? E, ancora: sia per i finanziamenti per la Roma-Lido – di cui la Giunta Raggi si riempie molto le gote ma che, fino a oggi, vedono stanziati solo fondi regionali e statali – che per il ponte ciclopedonale, quali sono le forme di contribuzione che verranno sostenute dalla Roma? Il resto dalle biciclette, assurte improvvisamente quasi a elemento centrale della progettazione, al parco fluviale, dalla video sorveglianza ai materiali eco compatibili – è tutta roba che era già nella vecchia delibera Marino e si cui la Raggi, con poca fantasia, sta solo facendo man bassa.

Fonte: il tempo

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