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GAZZETTA DELLO SPORT Gol, esultanze e coreografie: il derby fa parlare di sé (bene)

Totti
Totti

(A. Catapano) – La storia dei derby, non solo a Roma, ci insegna che quando lo show del campo fa più notizia degli scontri fuori, e se anche lo spettacolo delle curve fa più sorridere che indignare, vuol dire che il bilancio della giornata è tutto sommato accettabile. Verrà il giorno, magari in un futuro prossimo, in cui alla voce «ordine pubblico» non ci sarà nulla da segnalare, e arriverà pure il momento, speriamo molto prima, in cui il derby di Roma potrà rigiocarsi in notturna. Ma intanto ieri pomeriggio — al netto di un paio di tafferugli isolati nel postpartita e di qualche espressione politicamente scorretta di cui una stracittadina difficilmente può privarsi — chi ha portato dei bimbi allo stadio Olimpico finalmente non ha rimpianto di averlo fatto. A parte il fastidio provocato dall’esplosione dei petardi e dal lancio dei fumogeni (troppi, ma come diavolo entrano?), non ricordiamo altri motivi di imbarazzo o, peggio, vergogna. La condotta dei giocatori in campo è stata quasi irreprensibile (nemmeno un espulso!) e quella dei tifosi sugli spalti più che accettabile.

Tutto considerato — gioco, esultanze, tifo, sfottò, insulti —, va riconosciuto al derby di ieri almeno il tentativo, il primo dopo stagioni di violenze, rabbia, tensioni, di volare alto. La scritta «Je suis Charlie» sulle maglie della Lazio, nel giorno della marcia parigina contro il terrorismo; il selfie di Totti, che lancerà una nuova moda, preferito all’ironia bassa delle purghe; i cori e i canti delle curve, più per incitare la propria squadra che per infamare l’avversaria; la scelta delle coreografie iniziali, belle, emozionanti e per nulla retoriche. La curva Nord ha optato per l’Inferno di Dante, citando il Caronte del terzo canto. La Sud ha schierato le proprie leggende, proponendo una hall of fame da brividi in cui ha trovato posto persino il veronese Giorgio Carpi, mediano della Roma delle origini, sconosciuto ai più, scelto, forse, perché non prese mai uno stipendio dalla società, tale era l’onore di indossarne la maglia (più tardi, da dirigente, portò Giacomo Losi a Roma). Un dettaglio, che però fotografa benissimo lo spirito di un pomeriggio (quasi) solo di festa, finalmente. Non è un caso che il derby di ieri, certo con il bel contributo di Totti, sia finito sui siti di mezzo mondo. E stavolta non per parlarne male.

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