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IL ROMANISTA Fatal Cagliari per Maghi non Rudi

Garcia in conferenza stampa
Garcia in conferenza stampa

(D. Galli) – Garcia non ha niente da temere, una Roma così forte si può contare sulle dita di una mano dal 1927 a oggi. Però certo che è un curioso destino quello del Cagliari. Da quando è sbarcato per la prima volta in Serie A, e quindi dalla stagione 63/64, ha spesso segnato la sorte degli allenatori romanisti e in un caso clamoroso, quello di Helenio Herrera, l’esonero maturò nonostante una vittoria in terra sarda, contro un Riva con lo scudetto sul petto. Il fatal Cagliari. Beh, a dire il vero col Mago lo furono i rapporti divenuti tesissimi con l’allora presidente Alvaro Marchini.

Corre la stagione 70/71, il Cagliari è campione d’Italia, ci giocano oltre a Rombo di Tuono altri nazionali finalisti mondiali come Albertosi, Niccolai, Gori e Domenghini. È uno squadrone, anche se un infortunio serissimo a Riva – frattura di tibia e perone – ne comprometterà il campionato, concluso al settimo posto. Riva c’è però quel giorno, il giorno di Cagliari-Roma. L’undici di HH non vince da 4 giornate ma il problema è un altro, la Roma – Marchini in testa – è stufa sia del mediocre rendimento del gruppo, sia delle continue uscite pubbliche del suo tecnico. Quel Cagliari-Roma giunge nel momento giusto, la società si aspetta una sconfitta in casa dei campioni per sbarazzarsi di Herrera. Invece niente, al Sant’Elia (proprio da quella stagione nuova casa del Cagliari, che aveva abbandonato il glorioso Amsicora) passa la Roma. Decide un gol di Cappellini, eppure Marchini è infelice. Scrive “La Stampa”: «Colpo a sorpresa della Roma. Una sorpresa per quelle che erano le previsioni alla vigilia». E nel taglio di pagina il titolo è una domanda: «Come farà Marchini a licenziare HH?».

Già, come farà? Manca il casus belli, serve un appiglio. Ci penserà Herrera stesso a fornirlo. In un’intervista alla “Gazzetta dello Sport” dice: «Nel ’42 la Roma vinse lo scudetto solo perché per allenatore aveva Mussolini». Il club esonera il Mago seduta stante. «Oltre ad essere vergognosamente falso – attacca la Roma – suona gravissima ed intollerabile offesa non solo verso i valorosi atleti che quel titolo prestigioso seppero conquistare con pieno merito, ma anche verso tutti gli appassionati sostenitori antichi e nuovi dei colori giallorossi». Passano gli anni, il Cagliari scivola in B, poi riemerge in A per retrocedere nuovamente nella serie cadetta proprio nella stagione della Roma tricolore, l’82/83 (prima tappa Cagliari- Roma 1-3, primo gol di Paolo Alberto Faccini). Per i rossoblù è buio pesto: Serie B, Serie C, Serie B di nuovo, nel ’90 il ritorno in A. Ci resterà fino al 96/97, una stagione maledetta per i sardi, perché terminerà appunto con una nuova retrocessione, ma maledetta lo è anche per la Roma.

In panchina siede l’argentino Carlos Bianchi – per i più giovani: l’uomo che voleva vendere Totti alla Samp – e sebbene il campionato del Cagliari sia discretamente pessimo, è proprio la trasferta al Sant’Elia a far dire basta a Franco Sensi. Carboni pareggia il vantaggio di Tovalieri, il Cagliari si riporta davanti con un gol di Dario Silva, dall’altra parte c’è Mazzone fresco ex allenatore romanista. La Roma perde 2-1. È l’ennesima prestazione scialba, incolore, senza cuore e senza gioco. Il patron caccia Bianchi e chiede aiuto all’amicoconsigliere Liedholm, che torna perché alla sua Roma non sa dire di no. Sarà fatal Cagliari anche otto anni dopo, stavolta per Luigi Delneri. La Roma frana al Sant’Elia, cede 0-3 (Zola, Esposito e Suazo), è la terza sconfitta consecutiva dopo quelle con Juve e Palermo, è l’addio definitivo alla zona Champions. Delneri va a Villa Pacelli e si dimette. «Subito Conti», chiede “Il Romanista” in prima pagina. La Roma ballerà poi sull’orlo della Serie B, ma Marazico la salverà. Il resto sono faccende recentissime.

Lo stadio non è il Sant’Elia, ma l’Olimpico. In panchina c’è Zeman. È l’1 febbraio di un anno fa. I risultati non sono quelli attesi, alcune scelte la-sciano perplessi. Sarà proprio una di queste a costare l’esonero del boemo: quella di puntare su Goicoechea invece che su Stekelenburg. È memorabile l’autogol del portiere uruguagio, che per la cronaca adesso difende i pali dei romeni dell’Otelul Galati. Cross di Nainggolan, che peraltro aveva già realizzato il gol del momentaneo vantaggio, e nel goffo tentativo di bloccarlo Goicoechea getterà il cuoio in fondo al sacco. Aneddoti, questa è storia, che è magnifica ma è pur sempre profumo di soffitta. La Roma di oggi guarda avanti, al futuro, al provvisorio meno 5 dalla Juve, la Roma di oggi va al Sant’Elia, dove non passa da 19 anni, consapevole della propria grandezza. Ci va per espugnarlo.

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