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ORA D’ARIA “Riflessioni sparse” di Paolo Marcacci

Ora d’aria di Paolo Marcacci

Viva Bergonzi e Mazzoleni!
Eccola là – starete pensando -, (anche) l’editorialista è uscito di senno… Invece no, vi rassicuro: mai stato tanto analitico. Ribadisco: viva Bergonzi e Mazzoleni, che in Roma-Inter e Genoa-Juventus hanno arbitrato, si può dire, da cani. Per la similitudine chiediamo scusa al miglior amico dell’uomo, che notoriamente non è il guardalinee. State brancolando sempre più nel buio, vero? Il fatto, cari lettori, è che i due nefasti arbitraggi appena citati hanno avuto il merito – solo quello, s’intende – di essere arbitraggi di tipo “europeo” più che italiano: errori distribuiti qui e là, a danneggiare ora l’uno, ora l’altro contendente; magari scontentando tutti ma non danneggiando nessuno in modo particolare. Vi pare poco? Tra un rigore su Destro e uno su Icardi, un pugno di De Rossi e uno di Juan Jesus (Bergonzi, Roma-Inter); tra un mancato cartellino – as usual – a Vidal e un goal regolare annullato a Osvaldo (Mazzoleni, Genoa-Juventus), tutti sono usciti infelici e scontenti, ma, per l’appunto, tutti. Il paradigma di certi arbitraggi italiani è invece quello con cui Doveri ha diretto Torino-Napoli di lunedì scorso, con la vittoria partenopea propiziata in extremis dal goal di Higuain, azione pesantemente viziata dal fallo di quest’ultimo su Glik. Fallo evidentissimo e non sanzionato, con la piena posta appannaggio del Napoli e l’inevitabile strascico di polemiche. Quello, purtroppo ancora quello, è il nostro malinconico campionato; viva dunque gli arbitri che sbagliano, magari tanto, ma senza il mirino. Siccome i soliti benpensanti sono acquattati nell’ombra pronti ad accusarci di dietrologia e caccia alle streghe, rispondiamo che su un certo andazzo la pensano come noi sia i tifosi del Manchester, che durante l’ultima gara col Liverpool hanno usato la Juventus come paragone in un coro d’indignazione e, soprattutto, i giudici della Corte d’appello di Napoli, nel definire l’operato e i modi di Luciano Moggi e dei suoi adoranti, fidati esecutori negli anni di Calciopoli.
Serve altro?

Paolo Marcacci

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