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IL ROMANISTA Napoli-Roma: tutto in una notte. Domani dovrà accadere

Coppa Italia

Domani, ore 20.45, stadio San Paolo di Napoli: la Associazione Sportiva Roma si gioca la partita più importante della sua stagione, e la sua stagione finora è stata fantastica. I perché sono tanti, troppi, il perché più grande lo conosce ogni cuore autenticamente romanista: è per scucirgli la coccarda dal petto, dopo lo scudetto del 2001, la Coppitalia del 2014, nel solco di una tradizione che racconta, prevede, contempla la superiorità della Roma. Questo è il senso di una competizione che il senso per la Roma ce lo ha sempre avuto. Da Losi, dalle parate di Tancredi ai rigori col Toro,dall’ultimo minuto di Cerezo con la Samp, il suo ultimo minuto,dalla Coppa alzata da Donna Flora, a quelle di Spalletti, senza dimenticare la Coppa più triste, ma poetica e romantica, quella de 1984,quella alzata al cielo da Agostino Di Bartolomei nella sua ultima partita. Nessuno ha vinto più coppe nazionali di noi in Italia, sarebbe il sorpasso sulla juventus (che abbiamo eliminato) e il tutto sarebbe premiato con quella cosa che non si nomina, ma che è bella e che fa rima con bella… Poi ogni grande ciclo inizia con una Coppa Italia, poi sarebbe giusto, poi sarebbe dovuto, poi sarebbe sacrosanto per i tifosi, poi… tanti altri poi, ma prima ce li giochiamo tutti domani sera. Partiamo da 3-2 per noi, altro che Italia-Brasile.

PER LA BACHECA La Roma è in piena corsa per lo scudetto. Virtualmente, ha 6 punti di distacco dalla Juventus (qualora vincesse il recupero col Parma) e lo scontro diretto in casa. Gli scricchiolii in casa bianconera autorizzano a sperare e c’è comunque il dovere di farlo. Detto ciò, qualora la formazione giallorossa riuscisse a superare il turno contro il Napoli, avrebbe di fronte a sé una finale sicuramente più agevole, o Fiorentina o Udinese, e da giocare all’Olimpico. In pratica, il trofeo è distante “solo” due partite, in una si parte da 3-2 (che è sempre meglio piuttosto che partire da 0-0) e l’altra, eventuale, si giocherebbe in casa. E quindi giocarsela con tutte le forze è doveroso almeno quanto lo è credere fino alla fine nella rincorsa allo scudetto. La Coppa Italia è più vicina di quanto sembri e basterebbe il fatto di aver raggiunto la finale eliminando Juventus e Napoli per darle ulteriormente valore.

PER LA SOCIETA’ Se la Roma vincesse la Coppa Italia, sarebbe il primo trofeo per la proprietà americana, che ha preso le redini della società nel 2011. La precedente gestione, insediatasi durante la stagione 1993/94, dovette aspettare lo scudetto del 2000/01 per tornare a riempire la bacheca giallorossa. E la cosa importante è che non sarebbe un punto d’arrivo, ma solo uno dei tanti punti di partenza che la società sta mettendo in piedi da tempo. Mai schiava del risultato, perché è giusto così. Ma i risultati indubbiamente aiutano e vincere la Coppa Italia significherebbe dare ulteriore impulso al lavoro di un club proiettato nel futuro. Lo testimoniano gli investimenti sul campo, con i tanti giovani di qualità che arrivano a Trigoria, e quelli fuori dal campo, basati sul recupero della tradizione (vedi la mostra che inizierà tra poco a Testaccio) e sul nuovo stadio. Quella è la sfida più dura, ma la voglia di vincerla non manca.

PER LA STORIA Per quanto fatto dalla fine d’agosto a oggi e si spera ancora fino alla fine di maggio. Per la striscia delle 10 vittorie di fila, per la chiesa rimessa al centro del villaggio, per il 3-0 a San Siro, per l’eliminazione della Juve in Coppa Italia. Per questi e per tanti altri motivi, la stagione attuale della Roma è una stagione memorabile. Eppure, se non dovesse arrivare una rimonta storica in campionato, questa stessa stagione fantastica di Rudi Garcia e dei suoi ragazzi potrebbe non trovare spazio negli annali. A meno che la Roma non riesca a piazzare due grandi partite in coppa. Solo due. Come ha detto Garcia «è la strada più veloce per andare in Europa e vincere un trofeo». Vista la classifica, l’Europa non sembra più un problema. Resta il trofeo, da prendere con uno sforzo di due partite. Difficilissima quella di domani, ma pur sempre due. Per far sì che questa stagione resti comunque nella storia.

PER LA STAGIONE Due settimane in apnea. Anche se la sospensione e il rinvio della partita con il Parma potrebbe (forse) aver dato una mano. Il Napoli, il derby, ancora il Napoli e poi la Samp. Dovevano essere cinque partite in due settimane, saranno 4, ma comunque 3 di queste fondamentali. C’è da giocare la partita di domani, c’è da passare il turno. Perché poi, con l’entusiasmo di una finale centrata, la Roma avrebbe simbolicamente scollinato. Avrebbe tagliato il traguardo del gran premio della montagna e proseguirebbe il cammino in campionato con una spinta differente. Mentre la Juve sarebbe all’inizio della salita. Per i bianconeri, già meno brillanti rispetto a qualche tempo fa, ora si fa dura. Perché sta per ricominciare l’Europa League che ha la sua finale a Torino. Perché in campionato dopo il Chievo (sulla carta facile) le altre avversarie dei bianconeri si chiamano Torino (prima o poi un derby lo dovrà vincere), Milan, Fiorentina e Genoa (a Marassi). In mezzo, appunto, la coppa. Ecco perché la qualificazione alla finale di coppa aiuterebbe la Roma anche in campionato.

PER… QUELLI Il bello è che quelli là pensano che sia finita qui. Che l’hanno sfangata, che gli è andata di lusso, che con zero tiri in porta hanno portato a casa un punto. L’urlo liberatorio a fine derby svela le loro frustrazioni, le loro angosce, avevano puntato tutto sullo 0-0, sullo “speriamo che se fanno male per Roma-Napoli” perché così contro di loro qualcuno dei nostri non ci sarebbe stato. Il massimo della loro vita è resistere, ambiscono a quello. Loro. Noi abbiamo una penultima tappa, un penultimo viaggio verso la mistica più profonda, direzione Paradiso. Se domani passeremo il turno, resterà sempre possibile cancellare definitivamente il 26 maggio e le sue conseguenze, resterà viva l’opportunità di scucirgli dal petto la coccarda, di finire di divorare quel pasto che una Roma affamata ha iniziato a consumare molti mesi fa, subito dopo quella data che ha segnato un solco, ha chiuso un’era e ne ha aperta un’altra. Quella della Roma dei Rudi.

PERCHÈ È NOSTRA È il nostro trofeo, è roba nostra, nessuno l’ha vinta più volte di noi. Se c’è un motivo per cui bisogna qualificarsi domani, è perché la Coppa Italia per noi non è mai stata quello che per i laziali è stata fino al 26 maggio 2013: un portaombrelli. Noi, il loro portaombrelli, l’abbiamo alzato al cielo nove volte. Dietro ogni coccarda c’è una storia di gloria, ci sono uomini che hanno rappresentato qualcosa di grande per questi colori. C’è la prima finale nel 63/64 col gol di Nicolé, era la Roma di Lorenzo, una Roma che per fare cassa accettò l’inversione di campo ed espugnò la Torino granata. C’è la seconda finale (vinta) che non fu una finale ma un girone all’Italia (vinto) con Cagliari, Foggia e di nuovo Torino. C’è la Roma degli Anni 80, quella di Agostino, di Pruzzo, di Conti, del Barone, dei rigori parati da Tancredi a Pecci e Graziani. C’è la Roma di Totti e De Rossi, sono due Coppe di fila. C’è una Coppa da riportare a casa. Perché questa Coppa è roba nostra. Ricordatevelo, domani sera.

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