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REPUBBLICA.IT Osservatorio e tessera del tifoso “Indietro non si torna”

Protesta contro la Tessera del Tifoso

(F.Bianchi) – Tessera del tifoso e biglietti nominativi? “Non si torna indietro, non è quella la strada…”. Questo il pensiero dell’Osservatorio del Viminale, che è l’organo “tecnico” che decide sulla sicurezza negli stadi. Il ministro dell’Interno, Alfano, lunedì aveva promesso ai presidenti di serie A la creazione di una task force per discutere su tutta la materia. Quando si sente parlare di task force, o di commissioni, o di tavoli, significa (sovente) che non si vuole fare nulla. Che si prende solo tempo per aspettare che passino le polemiche. D’altronde, i club di serie A (ma anche di B o di Lega Pro) hanno davvero interesse che si metta mano a situazioni ormai incancrenite? Quando è stato chiesto ad Alfano sulla collusione fra club di calcio e banditi, cosa che al Viminale conoscono bene, il ministro si è ben guardato dal rispondere. E cosa dice sul comportamento di alcune Digos che aprono i cancelli ai violenti o costringono i tecnici al “dialogo” con gli ultrà minacciosi? Niente, silenzio totale. Ma anche questo porta alla deriva del nostro calcio. Al potere di una frangia ristretta di tifosi che tiene sempre più a casa quelli perbene.

E’ stato deciso di allontanare la polizia dagli stadi: per carità, l’idea dell’ex capo della polizia, Antonio Manganelli, era condivisibile, da nazione civile, ma la verità è che non siamo ancora pronti, non si può delegare tutto agli stewards. Gli stadi non possono essere lasciati nelle mani di pochi violenti che fanno il bello e il cattivo tempo in curva. I club hanno vissuto, tranne eccezioni, sia la tessera del tifoso sia l’istituzione degli stewards come una imposizione del Viminale, una spesa e non certo un’opportunità di sviluppo. Prendiamo gli stewards: si sente parlare di dar loro maggiori poteri, ma è un falso problema. I poteri adesso li hanno: possono anche perquisire (con il sistema patch down, in uso negli areoporti), allontanare chi si comporta male, chiamare la polizia nei casi più delicati. Da qualche parte succede, e funziona: bene gli stewards quindi a Torino, a Udine, a Verona, a San Siro (da soli hanno tenuto a bada gli ultrà del Partizan Belgrado…), a Firenze. Da altre parti invece hanno scarso addestramento e vengono pagati 20-30 euro a partita, oppure con un biglietto gratis da girare ad un amico. Non si può pretendere che facciano gli eroi. Da parte dell’Osservatorio c’è la convinzione che in alcuni casi gli stewards debbano essere “supportati” dalla polizia, che comunque, a meno di emergenze, non tornerà dentro gli stadi.

I club hanno chiesto anche ad Alfano di rivedere i sistemi di accesso negli stadi, considerati a volte complicati, penalizzanti. Da parte dell’Osservatorio su questo tema c’è una forte apertura: si “può discutere” quindi su sistemi tecnologici che favoriscano l’acquisto di tagliandi anche a ridosso delle partite (ma per chi ha la tessera del tifoso è già possibile, via Internet).

Ma, nonostante quello che ha dichiarato Pallotta a Repubblica, non è vero, si sostiene dal Viminale, che ci siano code ai botteghini e che sia complicato acquistare un biglietto. “Per Roma-Sassuolo c’erano 50.000 tifosi all’Olimpico…”, spiegano dal Viminale. In qualche caso, si sostiene, ci può essere stato disagio per i tifosi (come successo all’Inter questa estate) ma per colpa di qualche botteghino chiuso per ferie. Insomma, i club hanno le loro responsabilità. Altro fronte, la segmentazione delle curve suggerita da Adriano Galliani e che ottiene il consenso del Viminale: serve per isolare sempre più chi fa cori idioti contro Napoli. Ora paga tutta la curva (che magari ospita 10.000 tifosi) con la chiusura: in futuro, con una divisione del settore, sarebbe più facile tenere a casa gli idioti. Certo, su questa materia c’è poco da fare, se non sperare che, essendo abbonati, la finiscano di danneggiare anche loro stessi. Ma visto il modo in cui ragionano (si fa per dire), non ci sono molte speranze. La soluzione quindi sarà nelle mini-curve chiuse, e riempite magari dall’allegria dei bambini come vuole fare (e farà) la Juventus.

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