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GAZZETTA.IT Totti incanta e fa doppietta, Florenzi arrotonda. E la capolista allunga

Totti

Avete presente quei film americani in cui un vecchio ed esperto allenatore vede un ragazzino giocare (scegliete voi lo sport) e immediatamente alza il telefono per chiamare il presidente: “Credo di aver scovato un fenomeno!”? Stasera qualcuno, a San Siro, dovrebbe aver alzato il telefono “Hei, ho scovato una squadra da scudetto”. La Roma di Rudi Garcia da oggi farà fatica a stare bella coperta e nascosta. Non tanto per le sette vittorie su sette, che pure segnano la miglior partenza di sempre, ma per la dimostrazione di forza e completezza mostrata in casa Inter, squadra che forse non è la più forte del lotto, ma che difficilmente prenderà tre schiaffi in 45’ tante altre volte.

GOL E EPISODI — Al di là delle discussioni sul rigore per il 2-0 (l’intervento di Pereira inizia fuori area), del gol annullato a Ranocchia sul 3-0 (carica sul portiere?) e del conteggio mazzarriano sul gol iniziale di Totti (“E’ il primo tiro” fa segno con le mani), la squadra di Garcia parte meglio, chiude nella sua metà campo i nerazzurri, non butta mai via la palla, costruisce ed è pericolosa. Perde per qualche minuto il filo del discorso quando Guarin scuote il palo con una bomba “pazzesca”, rischia sul colpo di testa di Alvarez, ma poi mostra le sue armi letali, a difesa schierata e in contropiede. Gervinho è un ricamatore, che porta a spasso i difensori e li salta e li risalta (finché non lo tirano giù), Florenzi è un “rasoiatore”, veloce, affilato e letale, come dimostra il diagonale perfetto con cui chiude una discesa da quattrocentista di Strootman.

TOTTI FA 14 — E poi c’è Totti. C’è sempre Totti. Il capitano fa tredici a San Siro (13 gol in questo stadio) con un diagonale perfetto al 18’, che trova l’unico corridoio possibile, fa 14 su rigore, fa fare “ooh” ai bambini (e non solo) anche al limite della sua area, quando trasforma una palla-spazzatura nell’avvio del contropiede del 3-0. Applausi, chapeau, e chi più ne ha più ne metta.

IL PELO NELL’UOVO — Qualche limite, nei capoclassifica, emerge nella ripresa, durante l’assalto disperato dell’Inter, quando Gervinho si mangia il gol del 4-0, quando De Rossi si schiaccia troppo sui difensori, quando Pjanic esce e Strootman smette di dominare a centrocampo, quando Balzaretti conferma di essere un po’ in apprensione, fino all’espulsione. Ma il gol al passivo resta un solo, il punteggio pieno, i tifosi ubriachi (di gioia).

INTER, GUAI DIETRO— L’Inter, che chiude con un 4-2-4 ultra-offensivo, paga un primo tempo di balbettii difensivi. L’assenza di totem Campagnaro toglie certezze anche a Ranocchia (in una di quelle serate in cui mostra il “braccino”), quella di Jonathan promuove titolare un Pereira troppo impulsivo per essere affidabile. Nella ripresa, seppur sbilanciata, la squadra non “sbraca”. Alvarez ci prova, Kovacic dà molto, Milito entra e tira. Il gol non arriva, l’imbattibilità stagionale è andata. Le ambizioni di scudetto forse pure, ma qualcuno davvero le aveva avute?

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