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LA REPUBBLICA Sognando Liedholm e Capello: così è nata la Roma di Garcia

Liedholm tra Falcao e Cerezo

(E. Sisti) – A Trigoria va di moda l’ossimoro: umili ma sfrontati, coraggiosi nella prudenza, severità e divertimento, ragione e sentimento, grintosi e al tempo stesso rilassati. Nella ricetta di Rudi Garcia, chef di rottura e di frontiera, istinto donchischottesco e razionalità cartesiana, il sudore deve completare gli effetti della qualità, esaltarli, non distruggerli. La sua Roma è in testa alla serie A. Non succedeva da 1240 giorni, dal 25 aprile 2010, dalla buia notte giallorossa di Roma-Sampdoria. La sua Roma “greatest hits” è ammantata di carattere come quella di Capello e come quella di Ranieri è capace di aspettare, di sfruttare ogni debolezza, presunzione o sfiga altrui (ricordate Fiorentina- Roma 0-1?).

È la Roma dei secondi tempi e dei rivitalizzati (Maicon, Castan, Borriello) che si fonda, come quella di Liedholm, sul valore dei suoi centrocampisti: una squadra in lavorazione, con ampi margini di miglioramento, che inizia dalla pancia, dai moti spontanei e predeterminati (altro ossimoro) dei suoi produttori di gioco, da quello scambiarsi posizione e compiti che ci sta restituendo il vero De Rossi, che sta esaltando le doti di Pjanic come servitore di più padroni e come padrone egli stesso e che sta facendo scoprire le molteplici virtù di Strootman: copre come Van Bommel da giovane, ricorda nell’aspetto Van Persie, tocca il pallone come Sneijder e calcia i rigori come “Agostino”.

La Roma di Garcia è una pulsione a ricordare. Combina presente e passato, disegna il futuro (sempre che le fortune della squadra non siano d’intralcio ai progetti di Pallotta). Una Roma alla Guardiola, concepita per fulminei recuperi palla, densità mirate e ripartenze bersagliere, forse addirittura (è l’unico punto interrogativo) in grado di fare a meno di un centravanti come Barcellona e Argentina (già, ma lì c’è Messi…). Una Roma che ha già spedito in gol abbastanza giocatori (Totti, Pjanic, De Rossi, Florenzi, Strootman, Ljajic, in parte Maicon) da ricordare quella del primo Zeman o dell’ultimo Spalletti. È presto, certo, per dire tante cose. Ma qualcosa si può già dire: per esempio che solo con la personalità e un talento d’insieme superiore alla somma dei talenti individuali si può ribaltare un risultato, quale che esso sia, soprattutto fuori casa. E adesso c’è il derby. La sensazione però è che stavolta, comunque vada, il romanzo non sarà interrotto.

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