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IL ROMANISTA Osvaldo, 40 giorni che ti ho perso

Osvaldo

(D. Galli) – Non segna da 40 giorni tondi tondi. Quando ha realizzato l’ultimo gol – quello del momentaneo 2-1 al Bologna, era il 27 gennaio – avevamo ancora un Papa, un Governo ma soprattutto avevamo ancora Zeman.Osvaldo sta cercando disperatamente la prima rete del nuovo corso, la prima sulla via di Aurelio. L’occasione è ghiotta. È un appuntamento con se stesso, perché Udine per Daniel è stata una tappa speciale.

Speciale, in negativo: oggi può riscattare una parte di quell’infausto passato. Quassù, negli spogliatoi del Friuli per la precisione, una notte di novembre di due anni fa mollò una manata a Lamela. Incomprensioni sul campo, un passaggio atteso e disatteso, una discussione che proseguì a fine partita. Degenerando. Dev’essere il clima di Udine, perché in quello stadio resterà indelebile il ricordo della lite accesissima tra Doni e Panucci, iniziata dopo e a causa dell’unico gol di marca bianconera e continuata dopo e nonostante i tre di marca giallorossa.

Non si sa quanti treni passeranno ancora, non si sa se Osvaldo avrà ancora tante altre chance per dimostrare di valere e volere davvero questa maglia, non si sa se dimostrerà altra stizza alla prossima sostituzione, non si sa se basterà segnare stasera per far sì che la società non lo metta in vendita a fine stagione. Si sa, e mai come ora contano i fatti, che Andreazzoli non l’ha affatto scaricato. Il tecnico ha spiegato che il martedì ci si confronta sempre, ha fatto capire che ogni comportamento – dentro e fuori dal campo – viene vivisezionato, analizzato, promosso o bocciato. L’insoddisfazione (chiamiamola così) di Osvaldo per la sostituzione con il Genoa non ha lasciato il segno, non ha indispettito, sostiene Aurelio.

L’attaccante ha però bisogno di riacquistare un po’ di credito, e se non per lo staff tecnico, per la dirigenza e i tifosi. La gente pretende – pretende, certo – di rivedere lo stesso ardore di Roma-Juve, la stessa disponibilità al sacrificio, la stessa umiltà. Perché poi i gol arriveranno. Latitano da un po’, è vero, ma non si può dimenticare che Osvaldo è il capocannoniere di questa stagione – Serie A più Coppa Italia – con dodici centri, uno in più di Lamela, due in più di Sua Maestà Totti. È a due reti dal suo primato personale, tredici gol nella Liga 2010/2011 con l’Espanyol, l’ultima prima del suo ritorno in Italia, del suo approdo alla Roma.

«Per un attaccante – ha spiegato ieri Andreazzoli – non segnare per un certo periodo di tempo diventa una cosa fastidiosa». Gli serve un gol, è assodato e può farlo oggi nello stadio dove ha fatto un pezzetto di storia romanista, ma per i motivi sbagliati. La dedica c’è già. È alla sua donna. Ma ci piace pensare che sia la Roma.

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