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IL ROMANISTA Ripartenza

Osvaldo esulta dopo il gol

(T.Cagnucci) Quando la Roma vince è sempre una bella giornata, anche se è di lunedì sera e lo chiamano monday night e all’Olimpico ci stanno appena trentamila spettatori. E’ il calcio moderno, bruttezza. Quello acchittato dalle pay tv che nel dopo partita si affrettano a dire che non c’era il rigore su Marquinho, anche se puoi scegliere tre diverse inquadrature per tre diversi falli. Come si diceva da ragazzini… i rigori so tre, forza Roma olè…. Ma in tempi in cui l’Inter si lamenta diventa plausibile incassare un paradosso come quello per cui una squadra di Zeman viene favorita dagli arbitri. Siamo alla blasfemia.

Prendete e mangiatene tutti. Prendiamo e portiamoli a casa come il pane questi tre punti. Pe esse’ boni so boni. Poi erano pure doverosi, senza essere facili, erano il minimo perché altrimenti sarebbe stato il massimo della crisi. Dammi tre punti e chiedimi quello che ti pare, anche perché alla fine quando la Roma vince è sempre una bella giornata. Bello quello che si vede di sfuggita, che scorre a lato, che è sempre quello che racconta di più rispetto a ciò che si impone in primo piano (che spesso ti impongono, magari commentandoti come vogliono loro se i rigori ci stanno o meno).

Allora più della considerazione di aver battuto il Torino che in trasferta non aveva mai perso, di aver creato occasioni contro una squadra che non ti fa nemmeno giocare, più della doverosa, santa apologia di un piccolo grande fenomeno che ha la postura d’oro del predestinato e il futuro raccontato in ogni suo movimento naturale (anticipo e calcio) l’evangelista Marcos (sarà la storia dei primi piani a occuparsi presto e spesso di lui), più dell’ovvia importanza del gol di Pjanic che ripiana immediatamente tutto quello che era successo dopo il gol del derby (e recupera un giocatore totale), più del bene bravo bis verso Bradley per indirizzarlo soprattutto a Zeman (occhio comunque che Bradley-Pjanic nelle considerazioni iniziali del Boemo erano i due titolari del centrocampo alla prima di campionato, l’altro De Rossi) ci sono due immagini su tutte. Che sono appunti d’ottimismo, stenografie felici, scorci sul futuro.

La prima, l’esultanza “tremendista” di Mattia Destro al rigore di Osvaldo: è il primo che va abbracciare il compagno che di fatto nei fatti gli leva il posto, che ha appena segnato il settimo gol del campionato, eppure va a prenderselo a capocciate (qualcosa di simile l’avevano fatta Vierchowod e Chierico dopo uno splendido vantaggio della Roma proprio a Torino, nell’autunno dell’82). Significa tanto tanto. Significa che stai dentro alla cosa, che la casa è in costruzione e non sbragata. Significa gruppo. Tutto.

E Totti. Che è l’altro flash, anche quando gioca così e così (cioè comunque bene) anche quando non gioca, sta in panchina, vede la Roma segnare e comincia a prendere a pizze Scala, e insieme a Scala, Cangelosi e qualcun altro e ti ricorda Spalletti, che la Roma ha vinto e che anche domani potrà essere una bella giornata.

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