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CORRIERE DELLO SPORT Le visioni di Zeman, i silenzi di Baldini, le parole di Totti

Zeman

(G. Dotto) – Le leggende corrono sotto gli ombrelli. Lungo gli sciami dei giallorossi al seguito. Tutto qui se ne va in acqua, sudore e fumo. Si narra che in un summit di qualche sera fa, dentro la stessa nuvola, Zeman e Sabatini si siano fumati e tossiti addosso non meno di tre pacchetti di Marlboro in poco più di quattro ore, percentuali equamente divise. Fratelli tabagisti, i due sono una catena perfetta, si fumano le proprie e respirano quelle dell’altro,anche per scongiurare gli eventuali benefici dell’ossigeno che ai mille metri di qua può anche dare alla testa. 

NICOTINA – Con la giusta dose di nicotina nelle vene delirano della loro Roma nascente. I loro polmoni gemono, ma i cervelli stantuffano a meraviglia e pazienza se poi, alla fine, non ce la fanno proprio a cantare i cori degli alpini e nemmeno a darsi la buona notte. Ottima notizia per i tifosi il grande innamoramento tra i due. L’unica piccola crepa è che Sabatini dice di Zeman che è un fighetta perché fuma le light, mentre lui, un duro, non rinuncia alle rosse. Sabatini fuma avidamente. Fuma rock. Si consumano insieme lui e la sigaretta, nello stesso falò. Ne succhia una per far posto all’altra. Zeman fuma lento, come Fred Buscaglione, fa cerchi di fumo e, tra una sigaretta e l’altra, canticchia Lucio Battisti o motivetti che inventa lì per lì, sull’ispirazione del momento. La nuova Roma nasce dalle loro ceneri. (…)

FANTASIA –  A proposito di Russia. Franco Baldini tace. Ha scelto il silenzio. Un po’ ferito, un po’ strategico. E, come sempre, il silenzio eccita qualunque fantasia. Come se a Roma ce ne fosse bisogno. Ha detto solo due cose doverose ai tifosi, la sera della festa qua in Val Pusteria. La testa di Baldini, di questi tempi, è un esemplare canovaccio amletico di dubbi, languori e smanie. Restare o andare, mollare tutto o rilanciare, se sia più nobile sopportare percosse e ingiurie di un mondo spesso iniquo o vivere comodo all’ombra ben retribuita di Capello? Di sicuro, Baldini è stanco. Con una certa difficoltà a distinguere chi lo attacca perché lo vuole forte e chi perché lo vuole morto. Di sicuro, non ha ancora smaltito la fine precoce e anche un po’ brutale del progetto uguale Luis Enrique (liquidato senza nessuna narrazione postuma, così, come si fa con un abbaglio, un equivoco, un imbarazzo di cui appunto tacere). Di sicuro, l’imperversante democrazia del microfono ha fatto di Roma e della Roma un luogo dove la mattina, quando ti alzi dal letto, devi metterti le scarpe ai piedi e una corona di spine in testa. Di sicuro, Baldini deve scegliere in fretta cosa fare di sè, gli americani sono gente pragmatica, le cose e gli stadi da fare premono. (…)

DONNE –  E’ la Roma che comunica al femminile. Solo donne a impartire il Verbo. All’Elena Turra di sempre si è aggiunta l’energia contagiosa di Catia Augelli, foggiana e romanista cresciuta con il mito di Zeman e la passione per la finanza. Una tosta e spericolata.(…)

VOLARE –  L’altra fondamentale notizia è che volano. I ragazzi di Zeman, quando non sono imballati, volano. Si lavora e si ride poco a Brunico, ma solo perché c’è un’euforia superiore, che non ride, anzi geme. La sera, quando tornano in albergo, Totti e compagni non ce la fanno nemmeno a salire le scale per quanto sono malconci, dopo i gradoni anche i gradini diventano un calvario. Ma in campo, finché le gambe girano, sono già sculture zemaniane in movimento. Smaniose di buttarsi negli spazi.E’ l’euforia dei corpi che diventano lievi. L’ossessione primaria di Zeman non è il 4-3-3 o la sovrapposizione sulle fasce, ma sono i corpi. Che sono grevi, pesanti e ci tengono a terra. (…)

AQUILONI –  La sua utopia è quella dei santi, liberarsi del corpo e inventarsi le ali. Farli volare, i calciatori. Trasformarli in aquiloni, che sanno dove andare. Lamela è una canna di bambù, ridotto all’osso. Osvaldo è energia pura. Vola Florenzi e vola persino Taddei, l’uomo chiamato cavallo, nonostante due cosce che sono piloni di cemento armato. Non vola Josè Angel. Sembra uno che ha sbagliato porta ed è finito nel ritiro sbagliato. Vola Nico Lopez, sorpresa eclatante di questa prima era zemaniana. Piedi come rasoi. « Il suo è calcio chirurgico, ti taglia, ti seziona, ti fa male e tu neanche te ne accorgi» . Vedi gol ai rumeni di sabato. A coniare l’immagine, perfetta, chi se non l’immaginifico Walter Sabatini? Dodò non vola, svolazza. (…)

 

SOGNO –  Zdenek Zeman alla Roma, dentro la tuta della Roma, è come stare dentro un sogno di Zeman. I tifosi hanno quasi paura che il boemo si svegli e loro con lui. Ha la fragilità dei sogni. Del passato che non può tornare e invece torna. Le folle romaniste si aprono estasiate al suo passaggio come il mar Rosso. Lui si lascia fare, baciare e fotografare. Disponibile e, allo stesso tempo, intangibile. Il suo autismo ne fa un avvenente marziano. L’ultima volta l’avevo visto due anni fa, al ritiro del Foggia, che mangiava carne di coniglio e fissava, come solo lui sa fissare, le pale eoliche della campagna intorno, i mulini a vento di oggi. Il suo eterno Sancho Panza, Vincenzo Cangelosi, al fianco come sempre, a condividerne la pazzia. Circondato da una dozzina di ragazzini ammirati e anche un po’ spaventati, Zeman si accingeva a ripartire da zero o quasi, la serie C, diecimila euro il budget per il mercato. A vederlo oggi in campo, lievemente incurvato, circondato da fenomeni strapagati, Zeman sembra uno di quei vecchi condor saggi del cinema d’animazione. Zeman il visionario, uno che vede calcio là dove gli altri vedono solo stinchi e fili d’erba. Uno che ha visto di tutto, i carri armati a Praga e Casillo a Foggia, ha allenato a Licata e insegnato calcio strutturalista ai turchi sul Bosforo, ha inventato Signori ma anche Vignaroli (…)

 

TOTTI –  Zeman e Totti di nuovo insieme. Tredici anni dopo. Invecchiati ma sempre uguali. I fuoriclasse come loro non si lasciano modificare dal tempo. L’allievo ha innervosito il vecchio maestro sabato, nell’amichevole con i rumeni. Zeman gli ha fatto capire che non ci saranno sconti nemmeno per lui. Due parole delle sue, quanto basta. Pochi giorni prima Totti aveva fatto arrabbiare tutti, dirigenti e compagni, non i tifosi, con la sua demagogia allegra, reclamando dispendiosi campioni. Sublime anacronismo, nel momento in cui tutti, arabi esclusi, dismettono i loro. Nel giorno in cui Ambrosini, capitano del Milan, si candidava solennemente a essere  «la guida dei giovani che faranno il grande Milan del futuro» . In attesa che qualcuno gli spieghi che se hai Lamela è inutile pensare a Robben e che Nico Lopez può diventare più forte di Lavezzi, resta Totti l’amatissimo capitano di sempre, un po’ prigioniero del suo ruolo di barzellettiere e capopopolo, molto condannato all’infanzia eterna del genio che se ne frega di crescere. Che si ciuccia il pollice dopo ogni gol per omaggiare i figli ma soprattutto se stesso. Più pupone che papone. Anche per questo lui e Zeman, in fondo, si rispettano. Sono due chiese, due totem, mondi che vivono di luce propria, perfetti anche nelle loro imperfezioni. (…)

 

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