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CORRIERE DELLO SPORT Perché si può vincere con Zeman

Zdenek Zeman

(R. Maida) La Roma ha preso Zeman perché è convinta di vincere con Zeman. Non è soltanto un programma di rilancio dopo un fallimento. E’ soprattutto un cammino orientato ai traguardi migliori. La scelta è corretta, almenoex ante , perché la carriera dell’uomo chiamato alla successione di Luis Enrique racconta una storia di tre campionati, anche se nelle categorie inferiori. Non sono scudetti questi? Primo nel Licata 1984/85, in C2. Primo nel Foggia 1990/91, in serie B. Primo nell’ultimo Pescara, ancora in serie B. Se a Zeman avessero dato una squadra adeguata, forse sarebbe riuscito ad arrivare primo anche in serie A. E’ questo che la Roma cercherà di scoprire, eliminando un dubbio che è il dubbio di ogni appassionato di calcio: con Zeman si festeggia mai? Magari sì, se a Zeman si consegna una squadra che possa correre al livello delle altre.

REALISMO – Consapevole di guidare una società innovativa, creativa, ambiziosa ma con risorse limitate – ogni anno le tre grandi società del Nord Italia fatturano una media di 100 milioni in più – Baldini è andato a cercare un allenatore con cui poter condividere il percorso. Che prevede la valorizzazione dei giovani e l’avvicinamento dei tifosi, certo, ma anche un piano di investimenti mirati « a vincere il prima possibile» , come il capo ha chiarito due giorni fa nella cornice dell’Ara Pacis. Zeman non è il parafulmine di un ridimensionamento, che al momento non è previsto, ma è un saggio conoscitore di calcio a cui affidarsi per inserire i giocatori giusti nel contesto giusto. I nuovi Nedved, i nuovi Shevchenko nel mondo esistono. Basta essere bravi a scovarli prima della concorrenza più ricca. Perché l’abilità, e anche la necessità, è proprio quella. La Roma non può competere con il Manchester City per Aguero o con il Barcellona per Sanchez, né per i soldi da offrire alle società che vendono né per gli stipendi da proporre ai calciatori. La Roma deve prendere Aguero e Sanchez quando non li conosce ancora nessuno. A costo di scontrarsi con lo scetticismo di chi si chiede «ma chi sono questi?» .
COSTRUZIONE – La sfida della Roma è la sfida delle idee. Si può fare. Ovviamente mettendo l’allenatore nelle condizioni migliori per lavorare: il 3 luglio, giorno del raduno a Trigoria, sarebbe opportuno che il gruppo fosse quasi fatto assecondando le richieste. In modo da consentire a Zeman di preparare la squadra al suo sistema di gioco. E’ impossibile avere la rosa al completo, visto che i nazionali non ci saranno. Ma la colonna vertebrale della squadra sì, deve essere pronta. Zeman non è un allenatore qualsiasi. E’ un maestro di calcio, del suo calcio. Ha bisogno di istruire l’orchestra per esaltare i singoli suonatori.
CONVINZIONE – Con i giocatori che servono e la calma indispensabile a portarli dalla sua parte, riuscirà a stupire ancora. Lo suggerisce il comportamento dello stesso Zeman che, richiamato dal grande calcio a 65 anni, è una persona più flessibile e matura. Non a caso, per la prima volta nella vita, ha firmato un contratto biennale con opzione per il terzo. E’ arrivato alla Roma, dove ha sempre cercato di essere. «Nel 1999 sono andato via senza riuscire a fare quello che volevo, ora sono tornato per regalare alla gente quello che non ha avuto da me» . La Roma di Zeman, tra il 1997 e il 1999, ha divertito e non ha vinto. Questa dicotomia dolorosa è la condanna di primo grado che Zeman vuole convertire in assoluzione, con tanto di risarcimento morale, nel secondo processo. Basta che la società lo aiuti nel tribunale dei luoghi comuni. 
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