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GUERIN SPORTVO L’odio ai tempi del web

Francesco Totti

(L. BALESTRI) – Ma Internet è un bene o un male? Domanda sciocca. Un martello è un bene o un male? Un bene se ci pianti i chiodi nel muro per appenderci i quadri. Un male se ci spacchi la testa a qualcuno. Dipende dall’uso che se ne fa. Però – sciocca o no – questa domanda riguardo Internet stiamo cominciando a farcela sempre più spesso. L’ultima volta in ordine di tempo è stato per il caso Merlo, su cui il Web sta ribollendo in questi giorni.
Riassumiamo per i distratti. Lunedì su Repubblica uno dei suoi commentatori più noti, Francesco Merlo, scrive un editoriale sull’addio di Del Piero. Nel quale inserisce queste righe: «Esce il campione mai sporcato dai Moggi, quello mai coinvolto nelle truffe che gli vorticavano intorno, il virtuoso che mette la palla dentro e la lingua fuori, non il Totti che sputa e prende a calci l’avversario, ma il cavaliere educato che sorride di se stesso e di imbarazzo, non strizza mai l’occhio al bullismo, non lucra sulla pubblicità del gioco d’azzardo», poi per il resto dell’articolo parla d’altro e paragona l’addio di Del Piero al rischio di decadenza dell’Italia. Ma bastano quelle poche righe perché su Internet si scateni il putiferio. Qualunque sito riprenda questo articolo viene inondato di commenti di insulto. Ma insulto non rende l’idea. Piccolo florilegio tra siti e pagina Facebook di Repubblica: «Il solito raccomandato, nonché sfigato giornalista, che per dare un qualunque senso alla propria inutile e grigia esistenza ha bisogno di parlare di Totti», «Hai visto quanta beneficenza fa Totti? Da anche da mangiare a giornalai sfigati come Merlo», «Che schifo il vostro articolo di Francesco Merlo che per esaltare le gesta di un campione Del Piero si sia messo in luce gli unici 2 sbagli di un altro campione come Totti. Vergognoso attaccare cosi un uomo, non comprerò mai più il vostro giornale, anzi spero chiudiate presto!!! BASTARDI__!!!», «Il povero Merlo, cognome appropriato al personaggio, farà fatica a digerire il capitano, la sua bella moglie, i suoi bei figli, i suoi record, i suoi soldi e la sua bella vita, del resto il poveretto come avrebbe potuto attirare l’attenzione… Merlo, di nome e di fatto», «Merlo Bastardo, mortacci tua e de sto gran fijo de ‘na mignotta che non sei altro», «Non comprerò più il quotidiano finché ci saranno personaggi che nulla hanno a che fare con il giornalismo con la G maiuscola», «Cazziate Merlo dopo quell’articolo VERGOGNOSO…..merlo CHIUDI IL BECCO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!». Mancano giusto le minacce di morte, e non abbiamo scelto neanche le frasi più estreme. Non osiamo pensare cosa dev’essere diventata la casella email di Merlo.
Ora. Premettiamo, tanto per evitare un trattamento simile, che di quello che scrive e pensa Merlo su Totti e Del Piero non ce ne può fregare di meno. Cioè, abbiamo la nostra idea, ma ce la teniamo per noi. Quello di cui vogliamo parlare qui è di come Internet ci ha trasformati nel modo di pensare e di agire. I vantaggi di Internet sono fuori discussione e non stiamo neppure a elencarli: pensate solo che non potreste leggere questo prezioso articolo né tutti gli altri di questo blog, anzi non esisterebbe nemmeno il blog. Il problema è che Internet ha eliminato i tempi morti e, per così dire, la timidezza. Ormai si vive in tempo reale. Appena si verifica un fatto, immediatamente accadono altre tre cose. Primo, la notizia si diffonde su Internet e quindi in tutto il mondo in un colpo solo. Secondo, viene rilanciata su Twitter, Facebook, siti di news, gossip, chat, forum e compagnia bella. Terzo, scatta il commento. Che è appunto un commento immediato, né mediato né meditato se ci passate il bisticcio di parole. In sostanza si dà sfogo all’emotività, non si riflette, si scrive la prima cosa che passa per la mente, e poi basta premere un tasto per inviarla. L’effetto è di quello che fa rivalutare i peggiori Bar Sport, ma arriviamo a dire il peggior Processo di Biscardi. Perché oltre a dare la stura a commenti fegatosi, sopra le righe, diffamatori, esagerati (anche perché quasi sempre anonimi o firmati da un nickname, per avere un nome e un cognome serve denuncia alla polizia postale, e non si può certo passare la vita a fare denunce), questo sistema consente anche all’ultimo dei fessi di poter demolire chiunque a suon di insulti. Se Kant fosse vivo adesso, la Critica della ragion pura verrebbe sepolta da borborigmi, pernacchie e scoregge via Web. E questo vale per tutto: un episodio di una partita di calcio, un articolo, una semplice opinione, una rivista (provate a chiedere al direttore Marani cosa diventa la sua casella email dopo ogni numero di un giornale equilibrato e bello come il Guerino), un filmato (leggete mai i commenti sotto ogni video di Youtube?). Nel mio piccolo, dopo aver scritto un annetto fa un commento su un aspetto massmediologico della Juventus, mi sono arrivate 225 email di insulti, contestazioni e precisazioni varie.
Prevediamo alcune obiezioni a tutto questo ragionamento, e ribattiamo subito.
1) «È democrazia».
La libertà di pensiero è democrazia, la libertà di urlo, di insulto, è demagogia e, come tutte le libertà che ledono le libertà altrui, non è llibertà. Anzi, è pure un reato. Tanto che esistono delle leggi – democratiche – che puniscono la diffamazione e la calunnia.
2) «Non tutti i commenti sono così». Certo, per fortuna. Molti (non tutti, ahinoi) commenti su questo blog sono civilissimi, ragionano, contestano anche, ma nessuno di noi è contro le critiche. E lo stesso vale per il resto di Internet. Arriviamo a dire che forse in maggioranza i commenti sono ancora meditati e dialoganti. Ma fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce, dice il filosofo Lao Tzu. O per dirla alla lombarda, “chi vusa pusèe la vaca l’è soa”. Ha ragione solo chi urla, o quantomeno lo si nota rispetto a chi usa un tono di voce normale, o magari non parla proprio perché si sa che è più facile esprimere un disssenso piuttosto che un consenso, chi è d’accordo spesso tace. E strillo chiama strillo ancora più alto, e così via in crescendo.
3) «Che male c’è se chiunque può commentare?».
Nessun male, viva la libertà, viva il commento, viva la critica. Ma anche prima lo si poteva fare. Però bisognava prendere carta e penna, sedersi a un tavolo, mettere assieme delle frasi di senso compiuto e con un filo logico portante, piegare il foglio, metterlo in una busta, comprare un francobollo – quindi spendere – sputarci sopra, incollarlo e spedire il tutto al Merlo di turno, sperando che le Poste non si perdessero la lettera. O al limite fare una telefonata in redazione, che comunque costava dei soldi. Quindi uno ci pensava su, articolava il pensiero, magari lo modificava e lo raffinava, scriveva e cancellava, tentava di scrivere in italiano. Adesso è tutto gratis. E quindi, anziché una lettera, perché non spedire dieci email e perché non commentare in venti blog? Quindi qualunque minchiata anche disarticolata, anche fatta di grugniti, anche di anacoluti, va bene.
4) «La spontaneità è sintomo di sincerità».
Vero. Di conseguenza quindi se uno è sinceramente razzista va lodato perché ha il coraggio di insultare Balotelli per il colore della pelle? Esempio scelto a caso, e tra l’altro per insultare Balotelli ci sono mille motivi molto più validi (stiamo scherzando, ovviamente). Senza contare che il ragionamento della spontaneità come sinonimo di sincerità è uno dei motivi per cui l’Italia è allo sfascio, avendo portato vari politici a difendere l’evasione fiscale, ad attaccare gay e minoranze varie, a incitare la fine dello Stato italiano e la violazione delle leggi, sapendo che qualcuno li avrebbe difesi, anzi lodati: “ecco una persona che ha il coraggio di dire quello che tanti pensano, che è contro l’ipocrisia”. L’educazione e il rispetto degli altri probabilmente sono in parte anche causa ed effetto di ipocrisia (pensiamo al linguaggio politically correct), ma l’alternativa, cioè la schiettezza a tutti i costi, la rudezza, l’insulto, ci paiono anche peggiori. Bisogna scegliere il male minore, a volte. Aggiungiamoci poi che esprimere un giudizio immediato a volte ti fa prendere un clamoroso abbaglio: rivisto al replay un falllo da rigore era una clamorosa simulazione, il fuorigioco netto era invece una posizione regolare. Ma intanto hai già ruttato insullti contro l’arbitro. E, com’è come non è, a meno che non ti obblighi un giudice, gli insulti su blog, forum eccetera, non li cancella mai nessuno.
5) «Meglio la violenza verbale che resta tale che quella fisica»
Sicuramente, preferibile che Merlo si becchi un vaffa o un’ipotesi sul mestiere di sua madre piuttosto che si trovi un commando di ultras armati di spranghe e catene sotto casa. Ma a furia di esasperare gli animi con urla e insulti non stupiamoci se prima o poi qualche giornalista verrà menato per avere espresso un’opinione, esattamente come a furia di soffiare sul fuoco della protesta sociale prima o poi qualche pazzo o disperaato che impugna una pistola lo si trova.
Aggiungiamo che tutto questo ormai non riguarda più solo qualche caso mediaticamente clamoroso come può esserlo una paginata su Repubblica. È la norma ovunque, e qualunque sia l’argomento. Ma nel calcio si è manifestata prima che altrove perché il calcio, come tutto lo sport, è una specie di sentinella avanzata della società, sa far dare il meglio e il peggio (più il peggio) di sé agli uomini, basandosi più che altro cose sull’istintto, l’irrazionalità, la passione, l’emotività. Ma dal calcio è dilagata ovunque, grazie a Internet. Di cui, sia ben chiaro, non pensiamo neppure lontanamente che si stesse meglio quando non c’era: non siamo passatisti, e la Rete ci ha infinitamente migliorato la vita e il lavoro. Ma è corretto e doverso dire che ha anche contribuito assai a rompere gli argini del vivere civile. Ad arrivare a quella che quei geni di Fruttero e Lucentini definivano la prevalenza del cretino.

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