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IL ROMANISTA. Lamela fatata

Erik Lamela

(T. Cagnucci) – Erik Lamela ha esordito con la Roma la settimana dopo un derby, era il 23 ottobre 2011,domenica tornerà a giocare da titolare nella settimana che precede il derby del 4 marzo 2012 quando compirà 20 anni. Proprio quel giorno. E a vent’anni, si sa – Guccini ce l’ha cantato a tutti – “è tutto ancora intero, a vent’ anni è tutto chi lo sa (…) oppure allora si era solo noi non c’entra o meno quella gioventù: di discussioni, caroselli, eroi quel ch’è rimasto dimmelo un po’ tu...”.

Quel che è rimasto di Erik Lamela in nemmeno un girone di ritorno non sembra più essere quel gol all’esordio come un arcobaleno uscito senza pioggia, un volo di gabbiani su una città metallurgica, un diritto soffice e spudorato di McEnroe; e non sembra nemmeno rimasta la sua impressionante capacità di tenere botta a tutti, di fare falli e di farsi sentire non come un ragazzino ma come faceva Beppe Furino. Né ancora si ricordano quelle traversate campo campo, che manco Kakà e Mosé messi insieme, no… Altro che Argentina promessa. Oggi di Erik Lamela, 19 anni e 355 giorni, si ricorda la reazione di Torino, una serata di allegria (vivaddio!) con tutta la squadra, le ultime mezze prestazioni e gli ultimi minuti con il Parma senza firmare. E’ il giornalismo, bellezza. Ed è anche Roma. E né l’uno, né l’altro.

A 19 anni Bruno Conti aveva presenze in serie A nell’ordine di una(1); nei primi sei mesi d’Italia Michel Platini sembrava un Menez con più mani sui fianchi. Ma non è questo. E’ che Erik Lamela, quasi vent’anni, è un giocatore portentoso al quale non è successo niente di quello che si blatera (s’è montato la testa, è distratto…) perché è tutt’altro: uno cresciuto letteralmente a pane e a pallone (il papà faceva il fornaio), uno che si fa il culo talmente tanto che l’uomo sognato da Stakanov, cioè Luis Enrique, lo adora e se è possibile (18 volte su 20) lo schiera titolare. Non è un caso che in conferenza solo due volte il tecnico più “collettivista” che ci sia abbia parlato di un singolo, parlandone bene: entrambe le volte di Erik Lamela: la prima quando predisse una doppietta (che magari il 4 marzo… no?), l’altra quando disse di essere più contento dell’argentino che, per esempio, dell’ultimo uomo della Provvidenza, cioè di Fabio Borini. Lamela gioca da Dio. Lamela è un campione così giovane e così potenzialmente forte che nella sua storia uno così, da “importato”, la Roma non ce l’ha mai avuto. Lamela coi suoi colpi di suola, i suoi occhi come spilli e la sua acne giovanile è esattamente la faccia di questa Roma che fa la rivoluzione senza avere ancora il pelo sullo stomaco, né quello sulle guance. Ogni tanto diventa rossa, ma va avanti. Questo è il momento di fare un passo avanti, va bene anche con la suola, lui che il primo – quel 23 ottobre contro il Palermo – lo ha fatto sulla luna. E’ una storia che è un destino. Erik Lamela, nato un 4 marzo come nella più bella canzone di Lucio Dalla, giocherà il derby nel giorno del suo compleanno, lui che ha esordito con la Roma la settimana dopo un derby, il 23 ottobre 2011: un 23 ottobre di tanti anni fa, proprio in un derby la Curva Sud disse il suo “Ti amo”. E sempre da lì che nasce tutto, da un ti amo: anche il ragazzino del 4 marzo che Lucio Dalla chiamava Gesù Bambino. Chissà se a 19 anni giocava così bene.

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