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IL MESSAGGERO. Luis Enrique “senza paura”

Roma-Juventus in 3D

La Grande Sfida dell’Olimpico, stasera alle ore 20,45 e per la prima volta nel nostro campionato anche in 3D grazie a Sky, dirà tanto. Forse tutto. Sul futuro della Roma decima in classifica e sul destino di Luis Enrique in chiara difficoltà dopo la sconfitta di Firenze, la seconda di fila e la settima in 15 gare. La Juventus, 12 punti in più dei giallorossi che qui non la superano da 7 anni, troverà un gruppo in piena emergenza, in particolare in difesa, e un tecnico che per la prima volta accenna alle possibili dimissioni se dovesse perdere anche contro i bianconeri. La società, per la verità, ha altre indicazioni dall’interessato e, in via ufficiosa, fa sapere che le respingerebbe. Ma l’asturiano, a quanto pare, ci sta pensando davvero. Basta inquadrarlo in primo piano. Si presenta, nell’incontro con i media, tanto diverso dal solito. Emotivamente non sembra dare garanzie. Lo avrà pensato anche lui, riguardandosi in tv. Nervoso e fragile. Addirittura sfinito. «Sono stanco, non mi va più di spiegare. Prima della Fiorentina non lo ero, ora si. Non ce la faccio più a rispondere sulle mie scelte. Su chi mando in campo e su chi lascio fuori. Quante volte ho detto che mi interessa solo il bene della squadra?». (…) «Borriello, Francesco, Stefano o Barusso: io li valuto in allenamento, poi decido».

La frase forte arriva nel finale, legata alla domanda di un suo possibile addio in caso di sconfitta contro la Juve. «In più occasioni vi ho detto che io e il mio staff siamo sicuri di lavorare bene. Ma nel calcio contano i risultati. Non si può prevedere in anticipo che cosa succederà, quindi mai dire mai». Aggiunge: «Quando le cose non vanno bene, si cerca sempre il colpevole: è la regola del nostro mestiere. E, come ripeto da tempo, quando la mia squadra non va, sono io il primo e massimo responsabile». Si fa forza come può. «Io non guardo al passato. Per me conta il presente. Continuo a pensare di essere sulla strada giusta, ho la fortuna di poter contare sulla fiducia della società e vedo che i giocatori credono in quello che dico loro. E’ chiaro che siamo delusi. I calciatori sono abbattuti. Non nervosi però».

Deboli, stavolta, pure gli slogan. «Affronteremo la Juve senza paura», «Serve la nostra versione migliore per fermarla» e «Sarà la vera Roma, perché la maglia resta la stessa e anche il nostro simbolo sul petto e perché le assenze per me non sono mai un alibi». Out mezza squadra: gli infortunati Burdisso, Kjaer e Borini, gli squalificati Juan, Gago e Bojan e per lo staff medico pure il convalescente Pizarro. Qualche speranza per Cassetti che anche ieri non si è allenato e qualche apprensione per Lamela che ieri mattina ha interrotto il lavoro per un disturbo intestinale. La difesa è da inventare, con De Rossi pronto ad arretrare. «Ma per noi deve essere uno stimolo avere la possibilità di battere la Juve visto che ancora non l’ha fatto nessuno. Loro sono fortissimi, è la gara più difficile, proprio come quella contro il Milan. Sono due formazioni di un altro livello, si giocheranno il titolo».

Invidia la fase difensiva dei bianconeri. «Senza, nel calcio moderno, sei morto. Loro, poi, nella seconda fase sono velocissimi. Conte è bravissimo: ha fatto capire ai suoi giocatori che per poter vincere devono lottare in undici. Vedo un gruppo più Pirlo che da solo fa girare la squadra». Si aggrappa, però, alle statistiche sulla supremazia territoriale. «Il sessantotto per cento con un uomo in meno: ditemi quale altra squadra ci riesce? Rivista la gara, mi rinforza. Poi so che dobbiamo migliorare, non farci sorprendere sui soliti corner e soprattutto tirare di più. Se servono punte di peso, farò ingrassare i giocatori». La battuta cade nel vuoto. Meglio pensare a come schierare l’attacco: Osvaldo, Totti e Lamela sono in prima fila, Borriello sgomita e Caprari si candida come sorpresa.

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