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CORRIERE DELLO SPORT. Il Lecce mozzafiato fuori casa osa di più


U.S. Lecce

( F.Fanelli) – Se fossero ammesse le bacchette magiche, lui ne avrebbe sicuramente una in dotazione. Perché, se è vero come si dice, che una squadra assomiglia, a mano a mano che passano i giorni, al suo allenatore, il Lecce è realmente la faccia dalle mille espressioni di Eusebio Di Francesco.

Perché lui è soprattutto tecnica e applicazione, come la sua scuola, il suo credo zemaniano. E il Lecce, che una partita va a mille e l’altra non riesce a prendere per tempo le misure all’avversario, è un po’ di tutto questo.

LE SCELTE – Crescerà, maturerà, porterà a casa nuovi e più grandi risultati. Imparerà la lezione di Di Francesco che è uno che in panchina non sta mai seduto, troppo stretto il sediolino in plastica per farci star dentro tensioni e idee, lo vedi sempre a filo della sua zona che si arrabbia, che mima ciò che vuole, che chiede di più e che urla quello che non va. E il suo Lecce è così, un po’ come un giocoliere, che si improvvisa, si allunga a fisarmonica, mette in mostra buon gioco (è la lezione numero uno), esagera e poi torna indietro, ti fa sorridere e disperare. La stagione sarà questa, la scelta fatta a monte parla chiaramente: questo è il calcio del futuro immediato, del pallone dietro l’angolo. Vincono lo spettacolo e le partite mozzafiato, piacciono sempre meno gli zero a zero e sempre più i 3-3 ma a patto che non diventino più i 3-4 (lezione numero due). Ma serve equilibrio.

I NUMERI – Lo dicono i numeri anche se è presto e il campionato ha vissuto poche pagine, ma – se cominciare bene è importante – partire con i risultati del Lecce obbliga a riflessioni. Fuori casa decisamente meglio, sarà la pressione che non c’è, sarà il modo con cui è stata pensata la partita. Sarà tutto questo e molto altro a cui Di Francesco avrà sicuramente fatto caso. Al Lecce almeno finora è andata così, i suoi uomini-gol (da Giacomazzi a Strasser, da Grossmuller a Cuadrado, per finire a Mesbah e Oddo, i marcatori dall’inizio a oggi) hanno pianto e gioito. Vince a Bologna (ed è la seconda della stagione), si ripete all’undicesima, a Cesena contro Arrigoni al debutto, fa pari a Marassi contro il Genoa, decisamente campo ostico. Fuori casa 7 punti conquistati: terza nella classifica delle “esterne” dietro a Lazio e Juventus, in compagnia di un bel gruppetto tra cui anche Roma e Napoli. Buono. In casa tutto si complica. La fisarmonica si contrae, non va su e giù fluida. Male contro Udinese, Atalanta e Cagliari. Poi arriva il Milan, la gara che da sola vale un coniglio dal cilindro perché qui di giochi di prestigio si tratta. Il Lecce ne fa uno, due e tre di gol al Milan di Allegri, poi si “dimentica” quel che vuole e in una manciata di minuti la situazione si capovolge, il Milan passa a Lecce 4-3. Follia del pallone, il bello (dipende dai punti di vista, certo) del calcio, è un Lecce mozzafiato che ti accorcia le urla in gola, che ti fa far festa e poi ripensare a ciò che non hai portato via. Alla fine dei conti in casa ha conquistato un solo punto, grazie al pareggio con il Novara. Poco. Su 10 gare giocate le analisi dicono in generale 47% il possesso palla medio, 47,1% i contrasti aerei vinti. Badando più alla difesa sono tre le partite in cui non sono stati presi gol e i contrasti salgono al 77%, le respinte ben 366. In attacco i tiri totali sono stati 99, media-gol a partita 0.80, le reti da dentro l’area 8 e quelle da fuori 1.

CALENDARIO – E da qui alla fine ce n’è da far tremare i polsi, ma sotto l’albero tutti hanno una dedica. Dopo la sosta per l’Italia si torna in campo: in successione Roma, Catania, Napoli, Lazio, Parma e Inter. Sei partite importanti, alcune proibitive sulla carta, tutte belle da immaginare. Da viverle, poi si vedrà. Il Lecce di oggi è un puzzle, ogni tessera ha una sua forma, ogni uomo ha un suo posto: c’è chi ha voglia di farsi vedere e sognare in grande, chi cerca l’occasione della vita, chi vuole dare risposte sul campo. E la bacchetta in questo senso è necessaria quanto utile.

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