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ORA D’ARIA “Riflessioni Sparse” Paolo Marcacci

Ora d'aria di Paolo Marcacci

Pressappoco settantadue ore: tanto sarà trascorso, nel momento in cui questa rubrica viene pubblicata, dal momento in cui lo Stadio Olimpico è venuto a conoscenza dell’esclusione di Osvaldo, Burdisso e soprattutto De Rossi. Perché soprattutto? Perché sin da quando il tabellone dello stadio ha fatto rimbombare in tutta la città, anzi in tutta Italia (Europa?) la notizia, tifosi giallorossi ed osservatori neutrali hanno cominciato a fare una serie di considerazioni secondo le quali De Rossi rispetto agli altri due “epurati” da Zeman ha pagato atteggiamenti e prese di posizione, a cominciare dall’uscita di Torino in cui ridimensionava obiettivi e previsioni del tecnico boemo. Son quindi seguiti tre giorni di analisi, alcune anche circostanziate peraltro; luoghi comuni, leggende metropolitane, vecchi rancori e prese di posizione schizofreniche. Tutto normale, staranno pensando in tanti. Tutto ampiamente prevedibile, preferisco puntualizzare io, il che rende l’idea di come reagisca la città in questi casi, soprattutto quando c’è la Roma di mezzo, per una questione di indole e di numeri. Trovo risibile la meraviglia esibita da molti dopo le esternazioni di Zeman contro i tre esclusi (con tanto di zuccherini diversificati per Burdisso e Osvaldo, dopo): la storia del tecnico è costellata dall’attitudine al parlare chiaro, a lavare i panni sporchi al cospetto del mondo esterno e non nel chiuso dello spogliatoio. Peraltro, a voler fare i sofisti, bisognerebbe pure puntualizzare che il primo a far emergere una crepa, negli intendimenti e nel modo di considerare la stagione della Roma, è stato proprio De Rossi, dopo la (non) partita dello Juventus Stadium, quando precisò che parlare di scudetto, come poco tempo aveva fatto Zeman, vuol dire far del male alla Roma e ai suoi tifosi. Non mi interessa stabilire qua chi abbia ragione e chi torto: da due giorni e mezzo la questione è oggetto di dibattiti radiofonici, anche magari con enfasi ed esasperazione dei toni che ben conosciamo; dico semplicemente che un tecnico per dare una scossa al suo spogliatoio e all’ambiente dopo una serata rovinosa è in diritto-dovere di prendere decisioni forti, anche sorprendenti. Si potrebbe discutere e magari di conseguenza scandalizzarsi del fatto che le motivazioni, anche disgreganti, vengano poi riferite per filo e per segno davanti ai microfoni, se non si stesse parlando di Zeman, come ho sottolineato in precedenza. A questo punto, personalmente trovo che il silenzio del giocatore da Coverciano non sia la misura più efficace per sedare la polemica: vista la piega che ha preso avrei preferito delle dichiarazioni concilianti e propositive, anche perché nel frattempo mezza Italia, da Prandelli a Buffon passando per Alemanno e Gianni Petrucci, ha detto  la sua sulla questione e bisogna registrare anche questa, di divisione: presso gli osservatori esterni prevale il partito di quelli che difendono De Rossi, nell’uditorio giallorosso prevalgono invece quelli che danno in toto ragione a Zeman. Tutto questo, a maggior ragione con la sosta nel mezzo, non fa bene alla Roma. La Roma, già: valore supremo e bene assoluto, come dovrebbe essere considerata da tutti noi. E’ invece passata in secondo piano, anche come parola, in queste ore, scavalcata da due cognomi. Colpa di tutti, me compreso ovviamente, che per l’ennesima volta torno sulla questione. Chi manca in questa analisi? Brilla per assenza la società, nelle più eminenti figure dirigenziali, finanche nella presidenza, magari distratta dalle tournee europee dei propri idoli di altre discipline. Al momento in cui scrivo, non si registrano dichiarazioni o prese di posizione di Pallotta, Baldini o Sabatini. Niente di niente. Che sia una tattica per far decantare la questione? Una mossa filosoficamente ispirata, in senso stoico? Di certo, quale che sia l’opinione che si è fatto sulla vicenda, anche a causa di questo silenzio il tifoso si sente un po’ abbandonato, qualcuno direbbe un altro po’ se è per questo, ma da qualche tempo ci sta facendo il callo.

Il tifoso, già: qualcuno si ricorda ancora di lui?
Paolo Marcacci 
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