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IL ROMANISTA. Boniek: “Serve più cattiveria”

Zbigniew Boniek

(M.Macedonio) «Buona, ma leggera». Sintetizza così, con due semplici parole, il suo giudizio sulla Roma attuale, Zibì Boniek, che in questa città ha scelto di vivere e che ai colori della squadra giallorossa è rimasto legato come a pochi altri. Nel momento in cui più d’uno comincia a storcere il naso di fronte a risultati che non arrivano – seppure all’interno di una tifoseria che dimostra grande maturità nel fare esercizio di pazienza – l’ex centrocampista della Roma degli anni ’80 continua comunque a dar fiducia alle scelte operate«Ci sono una nuova società – dice – un nuovo allenatore e tanti nuovi giocatori. E allora, con un progetto in costruzione, è anche giusto che tutti sospendano le proprie critiche. Senza contare che la Roma, tutto sommato, non gioca neanche male, almeno come volume di gioco. Poi, è pur vero che nel calcio bisogna cercare di segnare e di non far segnare gli avversari. Sabato, al di là del 2-3, credo che se qualche giocatore della Roma avesse peccato meno di narcisismo, con i troppi tic-toc, e tutti avessero giocato un po’ più “cattivi”, qualcosa di più si sarebbe portato a casa».

E’ comunque fiducioso, il polacco. «Può solo migliorare. Anche se penso che, da che mondo è mondo, nel calcio c’è bisogno di giocare insieme con continuità. Faccio un esempio: se io gioco cinque partite di fila vicino a Platini o a Cerezo, la nostra intesa non può che giovarsene. E a quel punto, giochiamo quasi a occhi chiusi. Tutto questo per dire che il mister dovrebbe, perlomeno nelle zone “calde” e nevralgiche del campo, prendere qualche decisione definitiva circa la scelta degli uomini da mandare in campo. Perché cambiando sempre non si cresce. E si vede che, in alcuni reparti, penso soprattutto alla difesa, sembra quasi che non si conoscano bene l’uno con l’altro. Almeno, questa è la mia impressione. Non sono sicuri dei movimenti…». Eppure, la filosofia di Luis Enrique sembrerebbe invece proprio quella di utilizzare quasi tutti i calciatori a sua disposizione. L’anno scorso, come dichiarato da lui stesso, non ha quasi mai fatto giocare la stessa formazione. «Se lui dice così – risponde Zibì – è perché vuole coinvolgere tutti quanti. Ma, personalmente, pur rispettando il suo modo di vedere, credo che tutto questo si presti di più al calcio giovanile. Anche perché se fosse questa la ricetta, ovvero far ruotare l’intera rosa, lo avrebbero fatto, e lo farebbero, tutti gli allenatori. Se il Milan trova che Nesta e Thiago Silva vanno bene insieme, perché mettere Bonera o altri? In quel caso, difficilmente vincerebbero lo scudetto». Cerca ancora una volta la sintesi, Zibì: «Se devo giudicare l’impressione “artistica”, dico buona. Se penso alla concretezza, dico insufficiente». Non senza qualche puntualizzazione. «La squadra mi piace, i giocatori sono buoni. Ma quando sento dire che Bojan è una prima punta, ho delle perplessità. Lui è bravo, ma non lo vedo in quel ruolo. Altrimenti vuol dire che non capisco di calcio. Lui è uno che si inserisce, parte da lontano, è molto rapido, ma non può reggere due centrali». Tornando alla partita di sabato, dice: «Un passo falso, ma contro un avversario certamente più forte, come ha riconosciuto anche Luis Enrique. Spero che questo gap si possa colmare in tempi brevi. Io dico: andiamo avanti, con fiducia». Tre gol subiti quasi in fotocopia. Colpa della poca concentrazione? «Oggi il calcio è cambiato e forse non lo capisco più. Ma ho visto che, in quelle occasioni, sia la Roma che il Milan non mettono nessun uomo né sul primo, né sul secondo palo. Penso invece che almeno 70 cm della porta, o anche più, possano essere coperti da un giocatore. E così al portiere rimangono 5 metri in cui parare. Il gol di Nesta? Non so se con un uomo sul primo palo la palla sarebbe entrata. Fermo restando che il gol ha dato la conferma che il reparto non è ancora amalgamato, e uno non sa come si muove un altro». Lo stesso Enrique lo ha confrontato con quello di Burdisso, evidenziando come il difensore romanista avesse, a differenza di Nesta, l’avversario sul collo. «E’ sotto gli occhi di tutti. E di più non vorrei aggiungere. Dico solo forza Roma. E basta».

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