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Biglietti, capoccioni e tifosi

(P. Torri) – La Federcalcio è commissariata dal primo febbraio scorso. L’ultimo Mondiale lo abbiamo visto in televisione, i precedenti due forse è meglio non ricordarveli. L’azzurro non è mai stato pallido come da qualche anno a questa parte. La serie A è un monopolio della vecchia signora e chissenefrega di tutti gli altri. Il campionato di serie B è tutto un quiz e nessuno pare intenzionato a risolverlo. LaLega Pro è un rebus di cui ancora non si vede la soluzione. Le Leghe che ve lo diciamo a fare. Il futuro del nostro calcio garantisce più paure che speranze. Bene, anzi male, perché la realtà del nostro pallone è sotto gli occhi di tutti, meno che dei capoccioni che da anni, troppi, continuano a fare i loro comodi su una barca che sta affondando, stonati violinisti di un Titanic che comunque gli consentirà di salire sulle scialuppe di salvataggio.

E alla fine a pagare sono sempre gli stessi. I tifosi, quelli che vivono sul serio un sentimento, uno stato dell’anima, un’emozione, quelli che sorreggono tutta la baracca con i loro soldi. Perché il botteghino e il merchandising è tutta roba loro, gli introiti televisivi sono una conseguenza dei loro abbonamenti, il cash degli sponsor altrettanto. Sono loro quelli che pagano, sempre. E come vengono ripagati questi tifosi? Con un’escalation del prezzo dei biglietti che non sembra avere un limite. Ma davvero questi capoccioni che hanno distrutto il campionato più bello del mondo, credono di poter risolvere la questione in questo modo, mettendo le mani nelle tasche dei tifosi? Non ci sono innocenti in questa storia. Tutte le società sono coinvolte. Ma si possono chiedere 37 o addirittura 50 euro, come a Cagliari, per un biglietto di un settore ospiti in cui gli occupanti hanno dovuto sopportare anche le spese del viaggio? Sarà per questo che da qualche anno a questa parte si vedono sempre più stadi semivuoti, complice anche uno spezzatino televisivo che ci fa piangere il cuore quando ricordiamo tutte le partite alle 14.30?

Non vogliamo discutere sul prezzo delle tribune. Quello ci interessa relativamente perché chi può andare lì non ha certo problemi ad arrivare alla fine del mese. Discutiamo invece i prezzi dei settori popolariPopolari, per la miseria. Oltretutto in stadi di un altro millennio, scomodi, superati dai tempi, dove spesso dalle curve più che vederla una partita bisogna immaginarla. Eppure quei tifosi sono sempre lì a tifare per la loro squadra del cuore. Ma perché questi capoccioni che se gli fanno un elettroencefalogramma scoprono il vuoto cosmico, non riescono a capirlo? Perché hanno dimenticato che il calcio è del popolo e quel popolo va, perlomeno, rispettato? Perché non capiscono che continuando così il loro giocattolo si romperà?

Fonte: il romanista

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