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Stadio della Roma: Raggi trasforma un eccellente progetto in pura speculazione edilizia

(Romafaschifo.com) – Innanzitutto ci preme sottolineare in premessa un fatto che non troverà spazio sui giornali di oggi visto che comprensibilmente la notiziona del raggiunto accordo sullo stadio della Roma monopolizzerà gli spazi: ieri un gruppo afferente ai soliti prepotenti furbetti che passano la propria esistenza ad occupare immobili pubblici ha di nuovo rubato alla città lo spazio del Rialto, un palazzo di proprietà comunale stupendo al Ghetto. Erano stati sgomberati qualche giorno fa, erano stati apposti i sigilli, questi hanno violato i sigilli, sono entrati di nuovo. In uno spazio che è di tutti. Il Comune cosa ha fatto? Invece di mandarli via con l’esercito gli ha risposto che tutto sommato potevano rimanere lì, che se ne sarebbe parlato lunedì, che si troverà un accordo e che nel frattempo potevano riprendere le attività che abusivamente si svolgevano al Rialto da mesi. Abbiamo più volte chiesto alle associazioni che occupano il Rialto come mai loro ritengono di dover essere esentate dalla ricerca di un normalissimo spazio con pagamento di affitto, utenze e bollette come fanno decine di altre associazioni non profit come loro: risposte zero. Abbiamo pensato ai tanti imprenditori romani, magari ragazzi, magari giovani. Magari giovani come quelli che hanno preso in gestione e tentato di rilanciare il Quirinetta all’insegna della buona musica e che sono stati sgomberati per cavilli burocratici: se loro osassero violare i sigilli finirebbero nei guai fino al collo, la loro società andrebbe a ramengo e le loro fedine penali macchiate per sempre; se lo fanno i componenti della mafietta romana delle occupazioni e dei movimenti il Comune gli dice “parliamone, troviamo una soluzione insieme”. Una città confortevole per gli illegali, i raccomandati e i furbi e invivibile per le persone oneste che rischiano in proprio e intraprendono è il luogo più atroce che la civiltà possa creare. Quella città è Roma.
A ROMA RITORNA LA SPECULAZIONE

Ma detto questo, che era doveroso, bisogna anche segnalare che ieri l’accolita di improvvisati ma scaltrissimi fuorilegge che dobbiamo chiamare “amministrazione” non era solo in vena di regali alla camorretta dei Movimenti, ma anche alla cricca dei costruttori e dei palazzinari. Ieri, infatti, l’amministrazione Raggi ha deciso – ovviamente con il consenso della società e dei costruttori – di trasformare il progetto di Tor di Valle, ottima pianificazione immobiliare che comprendeva anche lo Stadio della Roma, nella solita squallida operazione speculativa alla romana. Una nuova Bufalotta, una nuova Ponte di Nona. Si ritorna nei ranghi e nelle tradizioni locali. Si continua a sviluppare Roma esattamente come si è sempre fatto.
Quello che è capitato è molto grave in primo luogo per la ennesima e tradizionale solfa (ma con i grillini non doveva cambiare tutto?) solo italiana – ma soprattutto romana – secondo cui non è mai garantita alcuna continuità amministrativa ad ogni cambio di giunta. Se un progetto viene approvato ufficialmente può essere tranquillamente stravolto da chi viene dopo. E visto che per realizzare i progetti in Italia ci vogliono tempi maggiori di quelli di una consiliatura ne deriva che ogni (ogni!) progetto corre l’enorme rischio se non la matematica certezza di essere ucciso nella culla o proprio abortito ancor prima di nascere. È il motivo per cui non esistono ne esisteranno mai investimenti internazionali nella nostra città. Questo atteggiamento ci rende poveri, marginali, provinciali, derisi, atrocemente degradati. Questo atteggiamento c’è sempre stato (si annullano le cose non guardando alla concreta utilità o al bene comune, ma solo perché le hanno fatte gli altri) e continua ad esserci dopo la Rivoluzione Grillina. Se a Milano avessero adottato lo stesso riprovevole stile di governo che è aduso a Roma, semplicemente la Milano che oggi vediamo non ci sarebbe stata. E invece si è passati da Albertini a Moratti a Pisapia a Sala sempre in continuità: si modificano le linee guida alte ma se c’è un progetto, se c’è qualcuno che ci ha lavorato, se c’è qualcuno che ci ha investito (fosse anche solo del tempo), tutto questo si rispetta e si va avanti. A Roma non è così: Torri dell’Eur, Ex Fiera, Parking di Via Giulia, Olimpiadi, Ex Mercati Generali. Enormi investimenti privati sotto scacco dei cambi di Giunta: saranno gli ultimi, a investire non verrà più nessuno per la felicità di chi specula su popolazioni sempre più povere, sempre più ignoranti, sempre più disperate. Se sei disperato voti i populisti, se sei in difficoltà voti i fascisti, se sei nei guai e non trovi lavoro non pensi e voti chi urla di più, se non ci sono investimenti di qualità prospera la camorra locale. È una strategia peculiare e ci state cascando tutti quanti. Tra l’altro non è neppure una strategia nuova: è il metodo per antonomasia in Italia da 50 anni, Grillo è semplicemente in perfetta continuità. Funzionale al sistema che finge di combattere.
Ma oltre alle questioni di forma, comunque cruciali, eccoci a quelle di sostanza. Ed eccoci a parlare dello Stadio della Roma così come è stato ripensato dalla Raggi. Il primo elemento di sostanza è che il progetto dello stadio come lo avevano pensato Ignazio Marino e il suo assessore all’urbanistica Giovanni Caudo non c’è più. E non per questioni di rischio idrogeologico (“mai a Tor di Valle, lì lo stadio affonda” spiegava il comico di Genova un giorno e mezzo fa), e non per questioni di Soprintendenze e tettoie da conservare. No: tutto questo è stato completamente e totalmente ignorato nell’accordo tra l’amministrazione e l’AS Roma.
CI GUADAGNANO TUTTI. CI PERDONO SOLO I CITTADINI
L’accordo è stato trovato ed è incredibilmente vantaggioso per tutti gli attori in gioco: la Roma avrà il suo stadio che rafforzerà la società (e così abbiamo disinnescato il rischio di perdere mezzo milione di voti, era l’enorme preoccupazione di Grillo), l’amministrazione grillina porta lo scalpo del taglio delle torri (tra l’altro era la parte più avvincente del progetto: il resto sono palazzotti di uffici  stile Euroma2 e un villaggio commerciale modello outlet di Valmontone, ma quello va bene…) visto che il suo elettorato vive solo di simboli e di semplificazioni; il costruttore infine esulta perché può realizzare un quartiere di uffici e commerci in deroga al Piano Regolatore praticamente a gratis o comunque con molte meno spese in termini di oneri laddove invece prima era stato spremuto come un limone dalla Giunta precedente. Parnasi ha insomma oggi la possibilità di riscrivere la delibera e la convenzione interloquendo con una controparte debolissima, ideologica e incapace e non con un personaggio come Giovanni Caudo che aveva trasformato l’iniziale proposta di sviluppo di Tor Di Valle nel più vantaggioso progetto immobiliare (vantaggioso per la parte pubblica, beninteso) mai immaginato a Roma e forse in tutta Italia. È la condizione ideale per qualunque immobiliarista che voglia massimizzare il proprio profitto impippandosene della collettività o addirittura scaricandogli i costi.
Parnasi ha oggi la possibilità di realizzare un vasto quartiere di centri direzionali e aree commerciali come si è sempre fatto a Roma: niente investimenti pubblici (almeno 100 i milioni risparmiati qui), niente contribuzione al bene comune, niente investimenti reali sui trasporti: un’altra Bufalotta, con lo Stadio al posto di Ikea e il Roma Village al posto di Leroy Marlin. E senza neppure la complessità costruttiva (gli ingegneri costano e per il nuovo progetto voluto da Raggi saranno sufficienti i geometri anche se l’auspicio di un coinvolgimento di Libeskind c’è sempre) di realizzare delle torri ardite e interfacciarsi con uno studio d’architettura internazionale. L’investimento complessivo, e dunque la ricaduta sulla città, passa da 1,6 miliardi di euro a 700 milioni. La città, in nome dell’ideologia di quatto esaltati completamente buoni a nulla, ha dilapidato quasi un miliardo di euro, polverizzato posti di lavoro, cancellato opportunità. Ce n’è per parlare di danno erariale per la Giunta e per i consiglieri e auguriamoci che se ne parli. Ma non basta.

Non ci saranno le torri. Si faranno edifici bassi integrati nel panorama” ha esultato la Raggi. Forse qualcuno dovrebbe spiegarle che distribuire le cubature in altezza permette di consumare meno suolo rispetto a spalmarle in larghezza. È la regola in tutto il mondo dove proprio i grattacieli sono simbolo di ecologia e sostenibilità. E poi di quale “panorama” parliamo? Raggi è mai stata a Tor di Valle? L’unico skyline è quello delle palazzine iperabusive abbarbicate sul costone della collina della Magliana: una foto di Kisinau del 1973 in confronto a quella immondizia urbanistica è Cortina d’Ampezzo. Quale panorama bisogna preservare in una città cresciuta in maniera vomitevole dove qualche landmark in altezza non può far altro che migliorare lo scenario? Occorrerà un giorno che qualche ateneo americano effettui uno studio per misurare inequivocabilmente la fobia per i grattacieli (una roba tutta italiana, e ancor più romana e solo un po’ parigina) con il livello di idiozia e di malfunzionamento neuronale delle persone. Ne scopriremmo delle belle…

ORA LO STADIO LO PAGANO I CITTADINI
Ma torniamo a noi. Perché la cosa che forse non è chiara è la seguente: se diminuisci le cubature (santo iddio, esiste qualche altro paese evoluto nel quale si giudicano i progetti non in base alla loro qualità ma in base alle “cubature”; ci indicate dove?), se diminuisci le cubature, dicevamo, diminuisci anche le opere pubbliche. La città ci perde di netto. Punto. Non c’è discussione su questo. Ma non ci perde una sola volta, perché essendo il progetto un progetto architettonicamente interessante e sfidante, ci perde due volte: ci perde un landmark e uno straccio di skyline e ci perde in opere pubbliche. Il danno oltre che la beffa. Ma in realtà quello che si prefigura è qualcosa ancora di peggio: la città ci perde tre volte. Perde le opere pubbliche, perde un quartiere moderno che ancora non ha, perde infine perché le opere pubbliche perdute di cui sopra dovranno comunque essere fatte e verranno fatte coi soldi del Comune. Mettendo le mani nelle tasche dei cittadini, tagliando ulteriori servizi, facendo ulteriore debito, alzando ulteriormente le aliquote.
Il concetto è molto semplice e andrebbe inculcato bene alla stuole di decerebrati che festeggia l’accordo raggiunto: prima l’operazione urbanistica la pagavano tutta i privati, oggi la pagheranno in parte i cittadini. O con nuovo debito pubblico o con tagli da altre parti. È uno scempio per cui in qualsiasi altra città occidentale l’amministrazione verrebbe inchiodata alle proprie responsabilità. Chissà cosa ne penserà il tifo laziale che con il nuovo accordo si ritrova a pagare di tasca propria lo stadio che farà grande la compagine rivale…
In alternativa, ovvero in assenza totale di investimenti comunali, la dotazione di opere sarà decurtata. E comunque un danno per i cittadini sarà: o i cittadini pagheranno finanziariamente oppure pagheranno per mancate opere a loro servizio.
LA FACCENDA DELLA DELIBERA
La cosa straordinaria è che l’intellighenzia grillina ora dovrebbe riuscire ad avere la faccia (e il fondoschiena parato dal punto di vista giudiziario) di votare una nuova delibera di “interesse pubblico” su un’opera che sarà solo una mera speculazione edilizia (adesso sì!) e che non avrà alcun interesse pubblico. Ovviamente l’interesse pubblico del progetto precedente non era la presenza dello stadio e degli uffici tutto intorno o dell’outlet dove si vendono le maglie della maggica, ma la mole di opere pubbliche a vantaggio di tutti che l’operazione garantiva. Una montagna di realizzazioni che, in qualche modo, consentivano di andare in deroga al Piano Regolatore, consentivano di accettare forzature. Queste opere pubbliche non ci saranno più, ce ne saranno forse la metà, forse molto meno della metà. Già si parla di opere da fare “successivamente”. Ecco come ritorna il lessico degli sviluppi immobiliari “alla romana”. Prima aprimo, famo vendemo, affittamo e poi le opere pubbliche. In tempi diversi. Sappiamo tutti come finisce e le casistiche sono dozzine. La delibera di Caudo ovviamente impediva la messa in funzione dello stadio se prima non si fossero terminate le opere. Come si fa a votare l’interesse pubblico su un pateracchio simile? I furbi proveranno a effettuare solo modifiche su questa attuale delibera invece di farne una da capo? Sarebbe uno sport estremo. Probabilmente bisognerà ricominciare tutto da capo, foglio bianco, buttati 3 anni al vento e si riparte: il prossimo sindaco (se le inchieste su Raggi andranno avanti ci sarà molto presto peraltro) si ritroverà nella stessa identica situazione. E magari rimetterà le torri al suo posto. Ci auguriamo con forza che le opposizioni blocchino qualsiasi tentativo di infilare questa immondizia amministrazione nella delibera di Caudo e Marino inquinandola, ma non mancano prese di posizione dei partiti di opposizione che esultano assieme al M5S: come detto vincono tutti quanti, politica inclusa, a perderci sono solo i cittadini, specialmente i cittadini del quartiere che ospiterà l’opera. Come dite, il PD? Ma ovviamente silenzio di tomba…
L’ADDIO ALLE OPERE PUBBLICHE
Nel frattempo si progetterà uno stadio con molte meno opere pubbliche a supporto. O, peggio, con opere pubbliche non più pagate dai privati, ma pagate dal Comune e dal Comune manutenute (si fa per dire, non ci sono i soldi neppure per pagare le buche e qui si rinuncia a centinaia e centinaia di milioni per poter dire “ho tagliato le torri”). Uscendo alla riunione con la Roma, Raggi non ha detto “riduciamo le cubature ma si faranno tutte le opere pubbliche”, in quel caso avrebbe tagliato la testa al toro. Ha detto “tagliamo le cubature e si farà la sistemazione della Via del Mare e la nuova stazione di Tor di Valle”. Neppure più rifacimento, si parla di “adeguamento” e di “sistemazione”. Ma per questo bisognerà aspettare gli esecutivi e solo a quel punto si potrà fare uno schema inoppugnabile su cosa la città ha perduto. Un quadro che auguriamoci la nuova conferenza dei servizi possa e debba bocciare: un piano così come si delinea rischia di essere un danno per la città su tutti i piani. E nulla ci vieta di ipotizzare che dietro ci sia un ulteriore accordo: si parte così, poi se davvero servono altre opere allora si possono fare e la cubatura può aumentare.
Vuoi vedere, insomma, che la cubatura alla fine si avvicinerà a quella di Marino ma lo farà piano piano, gradualmente e con palazzoni al posto di torri architettoniche!?
Inutile precisare che una nuova stazione non serve a nulla se non la si usa per farci passare treni puliti, moderni, frequenti e sicuri, possiamo notare che il progetto di Caudo e Marino era raggiungibile da 6 punti: tre attracchi fluviali, la ferrovia Roma-Fiumicino, l’autostrada Roma-Fiumicino, la ferrovia Roma-Lido, le riunificate Via del Mare e Via Ostiense e infine il prolungamento della Metro B; il nuovo stadio della Raggi sarà invece raggiungibile da soli 2 punti: la ferrovia Roma-Lido (una infrastruttura alla canna del gas) e la riunificata Via del Mare\Ostiense. La delibera di Caudo e Marino obbligava (cribbio: obbligava!) il proponente a dimostrare che il 50% dei flussi sarebbero giunti nell’area di Tor di Valle con mezzi pubblici, la nuova delibera non potrà farlo e ci regalerà ingorghi di proporzioni inenarrabili e tutti aosssadio cooo sguderone e l’infradito a chiccooo. Che verranno ulteriormente acuiti dal fatto che il progetto del Ponte dei Congressi è stato sonoramente bocciato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici visto che gli uomini di Berdini (che allora era assessore) non sono stati all’altezza evidentemente di produrre un progetto acconcio. Dunque anche lì tutto fermo e tutto bloccato come da specialità della casa.
Un altro numero chiave che andrà seguito è il 35%. Il vecchio progetto, a partire da 1,6 miliardi di investimenti garantiva il 35% in opere pubbliche. Una cifra monstre (forse a questo si riferiva la sindaca parlando di progetto “monstre”?) che a Roma non si era mai vista (si viaggia ben sotto al 10%). Il nuovo progetto che percentuale di opere pubbliche garantirà sull’investimento complessivo? È un dato indicativo – contano poi i valori assoluti – ma importante. Anche se sarà comunque complicatissimo far capire ai cittadini che prima le opere necessarie a far funzionare il nuovo quartiere le pagavano i privati, oggi le pagano loro con le loro tasse.
Epperò la domanda, per ogni sviluppo urbano, deve essere quella: il guadagno che deriva dalla trasformazione nelle tasche di chi va? E in che percentuali va nelle tasche pubbliche e nelle tasche private? In base a queste percentuali si tagga o non si tagga un’operazione come speculazione.
Andiamo avanti. La sistemazione del Fosso di Vallerano è l’unica cosa che la sindaca ha specificato con chiarezza che rimarrà, ma d’altronde l’Autorità di Bacino aveva obbligato. Quello che non ha preoccupato minimamente Comune e proponenti invece è il famoso rischio esondazione dell’area dello stadio e la storia della tettoia: se il vincolo della Soprintendenza andrà avanti? Come si fa? Come mai decine e decine di consiglieri e tifosi grillini che fino a ieri sottolineavano sui social ogni 10 minuti che li lo stadio non si poteva fare per questioni idrogeologiche oggi esultano all’accordo trovato? Guardate amici che lo stadio non si è spostato di un centimetro eh! Sta sempre lì, in zona esondabile e al posto di una tettoia-opera d’arte censita nel piano delle qualità e quasi-vincolata, tutte belle parole di cui vi siete riempiti la bocca per settimane. Dimenticate? E dimenticato il mitico Piano Regolatore che “guai, non si tocca”? Al massimo a Tor di Valle il Piano Regolatore prevede 300mila mc, il progetto Raggi ne prevede il doppio. Il doppio! E il consumo di suolo? Qualcuno pensa che si riduce? Se si tagliano le altezze calano le cubature ma rimane costante il consumo di suolo, con la differenza che sul suolo mancante non avrai le risorse economiche per fare un vero parco che dunque farà la fine dei ben noti “parchi” promessi nelle tante altre speculazioni alla romana.
UNA CITTÀ DA CUI FUGGIRE
Ma se per gli infojati grillini si può provare solo pena, nei confronti della città non può che crescere una grandissima preoccupazione. E non solo per la perdita di opportunità, di crescita economica (certificata da La Sapienza), di migliaia di posti di lavoro. Roma in definitiva si conferma agli occhi del mondo come luogo da cui stare alla larga quando si parla di investimenti, sviluppo, trasformazione. Roma è oggi l’unica città al mondo dove una sindaca può dire di tre edifici firmati Daniel Libeskind che “disturbano il panorama”. Un panorama da favela, peraltro. Ci vogliono affezionati al nostro degrado, affezionati alla nostra speculazione, affezionati alla nostra sciatteria. Noi non lo saremo mai e spiegheremo a più persone possibile, ogni giorno, che esserlo è un insulto a questa città che è stata per millenni il luogo della grandiosità, della sfida architettonica, della esaltazione delle grandi opere pubbliche e private: palazzi, piazze, tempi, mercati, circhi, stadi, teatri. Tutto enorme, tutto gigantesco, tutto coraggioso. Tutto ancora lì a rimarcare la profonda pochezza e inadeguatezza di chi vuole “edifici bassi” probabilmente solo per renderli coerenti con la propria lungimiranza, con la propria cultura, con la propria apertura mentale e con la propria visione e struttura intellettuale.
Su queste pagine i lettori troveranno sempre, e sempre di più, una riflessione impegnata a smontare e disarticolare queste idiozie. Siamo convinti che ve ne sia un grandissimo bisogno e in questo senso chiediamo il vostro aiuto in termini di divulgazione e di contributo intellettuale. In questi anni abbiamo tolto il prosciutto dagli occhi di alcune decine di migliaia di persone, ma evidentemente non basta: una amministrazione di irresponsabili, plagiati e esaltati ha lavorato per mesi e mesi con l’unico obbiettivo di ridurre gli investimenti sul territorio che amministra. E la gente esulta. È una situazione surreale che va raccontata, che va spiegata persona a persona, cervello a cervello. Qualora ve ne siano di superstiti.
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