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Il Messaggero Lulic choc: accuse razziste a Ruediger. Il bosniaco rischia una maxi squalifica

(E. Bernardini) Le “palle” quelle che tanto piacciono ai tifosi, vanno tirate fuori in campo e non a partita finita. Perché le partite si vincono nei novanta minuti e non davanti ai microfoni. Cadere nelle provocazioni fa godere due volte chi le fa. Rispondere così è una sconfitta. Al massimo lo si fa con stile, quello che da sempre caratterizza la Lazio. La frase di Senad Lulic è sgradevole, razzista e soprattutto è da maleducati. Sì, da maleducati. Certi pensieri non dovrebbero nemmeno attraversare una testa pensante. E così finisce che Senad, l’eroe del 26 maggio, peggiora la situazione dopo la sconfitta per 2-0. Una frase che, se vogliamo, non difende la Lazio ma la fa passare da rosicona. E’ grave che alle provocazioni lanciate in settimana da Ruediger si risponda così: «Parlava troppo già prima della partita, fino a qualche tempo fa vendeva i calzini e le cinture a Stoccarda ora fa il fenomeno». Che risposta è? Pessima. Si voleva rispondere per le rime? Bastava dire un semplice: «Ruediger dove era il 26 maggio 2013?». Avrebbe decisamente colpito meglio nel segno.

«VENDEVA CALZINI A STOCCARDA» Il peggio però doveva ancora arrivare perché il giocatore scende nella mixed zone dello stadio Olimpico e lì viene esposto al fuoco incrociato delle domande dei giornalisti presenti. Il giocatore non si sottrae e continua ad insistere. Non torna indietro e forse peggiora rispondendo: «Non mi devo scusare perché anche i bianchi vendono i calzini». Le domande continuano lui si rende leggermente conto, ma non chiede scusa. Alla radio ufficiale lo spronano e così arriva un parziale dietrofront: «A caldo si dicono cose che non andrebbero dette». Già, a caldo la testa può fare tilt, ma è in questi casi che la società deve essere scaltra e pronta a portar via il giocatore facendo scemare la polemica. Invece non è successo e Senad è rimasto solo. La cosa grave è che il club doveva ben sapere che queste dichiarazioni saranno prese dalla Procura Federale che aprirà un procedimento. Il giocatore rischia una squalifica pesante in base a quanto riporta l’articolo 14, che parla addirittura di 10 giornate. Certo andrà dimostrato che con quella frase non voleva fare un riferimento al colore della pelle. Più probabile che venga deferito in base all’articolo 1 del codice di giustizia sportiva. Eppure Lulic è un giocatore esperto che in certi tranelli non dovrebbe mai cadere. Senad, inoltre, sa benissimo cosa siano la discriminazione e le guerre etniche. Lui, bosniaco, è scappato in Svizzera dalla guerra. La risposta alla provocazione di Ruediger ha finito per far passare Lulic dalla parte del torto marcio oltre che da maleducato. In passato, gente come Giorgio Chinaglia non avrebbe mai usato certe parole ma risposto in stile Lazio alle provocazioni. La voce va fatta sentire in campo, con l’arbitro. Va fatta sentire nelle orecchie degli avversari e non davanti ad un microfono dopo il triplice fischio finale. Bisognerebbe tornare sui banchi di scuola e studiare la Storia, da capo. Anche perché questo finisce per ledere una tifoseria vessata da anni con accuse di razzismo ed etichettata da sempre con quella pecetta nera di “cattiva”. Bisogna essere più furbi e soprattutto si deve rispondere in modo più intelligente. La polemica impazza e la società a quel punto decide di intervenire scusandosi.

LA SOCIETÀ «La società si duole perché Lulic è andato oltre le righe. La polemica era però stata iniziata dal difensore della Roma. Non possiamo pretendere che i giocatori siano dei santi politicamente parlando – assicura Diaconale, responsabile della comunicazione – ma è importante capire quando si sbaglia e non ripetere più questi errori. La società vuole mantenere la lealtà e il suo stile». Di sicuro Lulic a mente fredda, sbollita la rabbia derby, capirà l’errore fatto e chiederà scusa. Alle volte sarebbe molto meglio non parlare quando sai che la rabbia può annebbiarti i pensieri. La Lazio è un ente morale. La Roma non risponde e Nainggolan su instagram scriva: «No to racism: qualcuno deve imparare queste 3 parole».

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