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IL TEMPO La “laziale” Raggi: “No allo stadio”

Stadio della Roma (foto asroma.it)
Stadio della Roma (foto asroma.it)

(F. M. Magliaro) Sicuramente il fatto che lei sia tifosa della Lazio non avrà pesato ma la frase di Virginia Raggi pesa. Come un macigno. «La delibera di pubblica utilità – quella votata il 22 dicembre 2014 in Consiglio Comunale con cui si attribuiva il valore di opera di pubblica utilità allo Stadio della Roma di Tor di Valle con tutti i suoi annessi e connessi di cubature, opere infrastrutturali, metro, ponti e parchi – la ritiriamo e lo Stadio lo facciamo da un altra parte». Nei giorni scorsi, i 5Stelle, accreditati dai sondaggi come quelli nella migliore posizione per vincere la corsa per il Campidoglio, avevano un po’ democristianamente giocato sull’equivoco. Il pensiero era: «lo stadio sì, ma non vogliamo speculazioni». Il che, corrisponde al pensiero della Raggi espresso ieri pomeriggio ai microfoni di RadioRadio: «Noi siamo a favore della costruzione di uno stadio per la Roma, e se volesse anche per la Lazio – ha affermato – Ci opponiamo a qualunque operazione edilizia che sia solo speculativa».

Però, al quesito sulla possibilità di modificare o, addirittura, ritirare la delibera che sancisce il pubblico interesse, i grillini avevano sempre evitato di rispondere in modo così chiaro. Ora, invece, dopo ieri pomeriggio, il pensiero pentastellato in merito è chiarissimo: «Tor Di Valle allo stato attuale appare una operazione speculativa, perché ci troviamo di fronte a un progetto neanche del tutto definito che prevede un milione di metri cubi di cemento di cui solo il 14 per cento è stadio. Il resto sono uffici e centri commerciali. Ma a Roma abbiamo già lo Sdo, le torri dell’Eur con la stessa funzione».

Da un punto di vista di iter amministrativo, il ritiro della delibera è possibile. Fino a che la Regione non avrà terminato i lavori della Conferenza di Servizi – che non è iniziata, dato che la Roma non ha ancora consegnato il vero progetto definitivo – il Comune ha tutto il diritto di cambiare le carte in tavola. Ovviamente, con un atto avente pari forza, cioè una nuova delibera del Consiglio comunale, e con una forte motivazione giuridica che ponga il Campidoglio al riparo dal rischio di una causa miliardaria. «Magari la delibera la ritiriamo e lo facciamo da un’altra parte», ha detto ieri la Raggi. Quale altra parte? «Ci sono idee nel quadrante sud est – ha precisato – ci sono delle aree che si prestano, Tor Vergata sembrerebbe».

Se non che, questa ipotesi – che molti altri avevano già accarezzato anche durante il dibattito in Consiglio comunale – si scontra con una serie di problemi. Il primo dei quali è legato al fatto che spetta al privato scegliere un’area privata: il Comune può accettare o, motivandolo, respingere la proposta. Insomma, non è il Comune che sceglie l’area. Anche perché le aree in zona Tor Vergata di proprietà pubblica, rientrano sotto altre norme: si potrebbe anche fare ma sarebbe il Comune a doverle mettere a bando, potrebbe partecipare chiunque e, soprattutto, non varrebbero le facilitazioni della Legge Stadi.

A stretto giro, alla Raggi replica Storace: «La Raggi studi la legge prima di parlare a vanvera. Lo stadio si fa in aree scelte da chi costruisce: il comune non sposta nulla, dice sì o no. Ora sappiamo che lei è per il no».

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