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IL MESSAGGERO L’irresistibile seduzione del dizionario spallettese

Spalletti e Domenichini
Spalletti e Domenichini

(M. Ferretti) Il vocabolario “Italiano-Spalletti Spalletti-Italiano” non è soltanto un insieme di parole ma un vero e proprio campionario di vita. Perché se in panchina è bravo, Lucio davanti ad un microfono è un vero fuoriclasse della comunicazione. Anche se (o forse perché) usa termini semplici, talvolta intrisi di melassa, ma sempre centrati. Efficaci. Quelli che, insomma, rendono l’idea. Inconfondibile, lo stile Spalletti. Chi legge la trascrizione di una sua conferenza-stampa, non ha mai bisogno di chiedere il nome del protagonista per avere conferma che si tratti proprio dell’uomo di Certaldo. E qui il dialetto delle sue parti c’entra poco: c’entra il modo in cui dice le cose. Non serve ascoltarlo per riconoscerlo, basta leggerlo. Parole, certo; tante parole ma anche tanti modi di dire. Ogni singolo vocabolo una pennellata d’autore. Un esempio? «Il topino è sordo perché riporta le cose sbagliate. Ma siccome il dottore è bravo, e sta venendo qui, ha trovato la medicina per il topino: le supposte. Ci saranno le supposte per il topino sordo». Provate a pensarci: chi poteva inventarsi una frase così se non Lucio? Neppure il dottor Guido Tersili de Il medico della mutua.

«LA PAZZIA NELLA BELLEZZA» Quando a Trigoria ha mostrato ai cronisti l’ormai famosa clip con protagonista Salah, Spalletti prima di schiacciare play ha etichettato le immagini come «un comportamento pazzesco nella bellezza». Poi, terminata la proiezione, ha aggiunto: «Voi mi avete preso per il culo per anni sui comportamenti giusti, ecco questo è un comportamento giusto». Teatralità studiata a tavolino per catturare la massima attenzione. Lunghe pause tra un concetto e l’altro, parole ben scandite per rendere meglio proprio il concetto. E un continuo, quasi ritmico turbinio delle mani. Avete presente? E così i suoi interventi di fronte alla platea con il taccuino spianato sono diventati una sorta di must. I suoi poi, i suoi «quel gioco lì», «quella situazione lì» oppure «quello che poi deve essere» e «perché poi diventa fondamentale…» sono appuntamenti immancabili e, per certi versi, irrinunciabili. Applausi a scena aperta. Un poi o un lì non li nega a nessuno. E ancora: quel giocatore non sta bene? Ha un problemetto. Che rende l’idea meglio di una diagnosi di un professorone. Quel giocatore non va in campo o non ha gradito la sostituzione? Ebbene, «ha il visuccio perché sta in panchina». E se Roma ha difeso come voleva lui, il motivo è semplice: «gli siamo saltati addosso bene».

«LA CORSA ONDEGGIANTE» La palla sparata o la giocata di traverso fanno parte da anni del suo vocabolario mentre «Perotti quando gli dai palla sui piedi ha una corsa ondeggiante» è recentissima. Così come Keita che «ha fatto una pulizia eccezionale» oppure Salah che «ha questa velocità mischiata a tecnica che ti fa male». Scusi Spalletti, lei in panchina è nervoso? Nervosetto. Mister, dopo sette vittorie di fila si può sognare? «Dobbiamo andare avanti passettino dopo passettino, e con i passettini abbiamo migliorato, ma come si dice dalle mie parti occhio alle buche». Al confronto il leggendario «Se non si fanno i contrasti, non si vincono le partite (traduzione dallo spallettese)» appare preistoria. Oggi come ieri, però, Lucio continua ad affrontare uomini e situazioni a petto in fuori, con orgoglio e appartenenza più o meno ruspante. Noi siamo la Roma, il suo Verbo. E, anche per questo, la gente lo adora. «Se alla Fiorentina sono convinti di aver fatto un’opera d’arte, io devo dire ai miei ragazzi che hanno fatto un capolavoro. Nel ribaltare la situazione, nel prendere conoscenza di cose nuove, nell’essere convinti e nell’avere la solidità mentale di pensare che si possa stare qui a lottare fino in fondo, senza essere influenzati da un risultato o da una prestazione», firmato Lucio Settebellezze. L’Al Pacino di Ogni maledetta domenica, a ben pensarci, a uno così gli spiccerebbe casa.

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