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LA REPUBBLICA Fifa, le grandi manovre del mondo arabo che sfida l’Europa

Fifa
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(E. Currò) – Il tiranno ottuagenario ha preso l’ultima mazzata: sospensione ridotta, 6 anni invece di 8 per il caso dei Mondiali a Russia e Qatar. Ma il Tas, che ha sede in Svizzera, difficilmente ribalterà il verdetto dei primi due organi di giudizio della magistratura calcistica, svizzeri anche questi. E comunque per lo svizzerissimo Blatter, sempre unito nel castigo a Platini capo deposto dell’Uefa, la pena più insopportabile è restare come un mercante fuori dal tempio, dove domani verrà scelto il suo successore e dove la Fifa rischia di perdere l’eurocentrismo.
Se davvero il nuovo presidente sarà lo sceicco del Bahrein Salman bin Ibrahim Al Khalifa, lo si saprà soltanto dentro l’Hallenstadion, dove hanno suonato i Pink Floyd e Bob Marley. Cambierà la musica, se il segretario dell’Uefa Gianni Infantino uscirà sconfitto dal testa a testa («io conto di vincere », ripete lui): il governo dello sport più popolare e più affaristico del mondo avrà al vertice per la prima volta un arabo. E, soprattutto, sarà sempre uno sceicco arabo il manovratore poco occulto. È noto agli elettori delle 207 federazioni, ammesse a un consesso vietato a Kuwait e Indonesia per ragioni disciplinari, che dietro Al Khalifa c’è proprio l’uomo forte dello sport del Kuwait: Ahmad Al Fahad Al-Sabah, 53 anni. L’influentissimo membro del Cio, favorevole a Roma 2024 (il Coni lo sa e non gli dispiace), è stato ministro dell’informazione e del petrolio, presidente del comitato olimpico nazionale e del consiglio olimpico dell’Asia e addirittura ct della Nazionale, con esiti non memorabili. La passione per il calcio è nel dna. Suo padre Al Jaber è più noto per un bizzarro episodio al Mondiale dell’82 che per la tragica morte nel ’90, ucciso dalle truppe irachene di Saddam. Di lui si ricorda l’invasione di campo, per contestare (facendolo annullare) il 4-1 della Francia con Platini al Kuwait. Al Sabah figlio è così potente, nella diplomazia sportiva, che gli vengono attribuite sia l’assegnazione delle Olimpiadi a Tokyo sia l’elezione di Bach a capo del Cio. In patria, invece, subisce il cugino ministro dello sport: irritato per non essere stato eletto presidente mondiale della federazione di tiro, si sarebbe vendicato con continue ingerenze del governo, che sono valse al Kuwait squalifica ed esclusione dal voto di domani. Converrà comunque andarsi a rivedere il Bahrein sul mappamondo, ora che Al Sabah sponsorizza il protetto Al Khalifa: Golfo Persico, poco più di un milione di abitanti, un gran premio di Formula Uno e la quinta flotta americana in rada a Manama.
Date le premesse, non è impossibile che il congresso Fifa domani passi sopra la questione dei diritti umani: Al Khalifa fu accusato di avere coperto arresti e torture di atleti che contestarono il governo nella primavera araba. Dopo la bocciatura della candidaturaUsa per il 2022 a favore del Qatar, l’Fbi ha determinato la fine dell’impero di Blatter. In compenso le grandi multinazionali, padroni di uno sport che ormai col Mondiale vale più di un Superbowl, preferiscono una Fifa governata dagli arabi, rispetto alla dittatura blatteriana. L’inchiesta penale della magistratura svizzera, con 1 terabyte di dati archiviati e 132 movimenti bancari sospetti, rischia di incenerire la vecchia Fifa. Intanto qui, negli alberghi zurighesi, mentre il Tas ha respinto il ricorso del Principe di Giordania Ali per la sospensione del voto senza cabine trasparenti anti-brogli, va in scena la solita caccia al consenso delle federazioni africane, notoriamente ondivaghe. Come ai tempi di Blatter.

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