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LA STAMPA Parma, il calcio ai tempi del fallimento. 800 paganti per il pari con l’Atalanta

Interno dello stadio Ennio Tardini
Interno dello stadio Ennio Tardini

(N. Zanzan) – I bagni della tribuna autorità sono intasati. Il wi-fi«forse funziona, forse no». Nell’intervallo, nella «lounge vip», servono mortadella e pane secco. E se non è questo il colmo per la nobile Parma, la città del prosciutto più famoso del mondo, il gioiellino dei bei tempi andati, beh… poco ci manca. Sono arrivati giornalisti da New York, Madrid e Bogotàper assistere a questa partita tristissima: la prima partita di una squadra di serie A in campo da fallita. Eleonora Giovio, inviata del País: «In Spagna sono molto impressionati. La storia di un grande club italiano messa in svendita a prezzi di saldo.È finita all’asta persino la panchina dell’allenatore, una cosa mai vista». Fallire giocando, con la sciarpa di Fantantonio Cassano a 1 euro sulle bancarelle. E ciononostante, ancora giocare, ancora correre dietro al pallone. E dignitosamente portare a casa uno zero a zero contro l’Atalanta, fra gli applausi degli abbonati e degli 868 tifosi paganti, per 12mila 925 euro di incasso già destinati a uno dei creditori.

Il grande bluff Non contano gli striscioni: «Manenti vattene!». Non contano i vaffa per Ghirardi: «La senti questa voce?». Il fatto è che i tifosi vogliono soltanto essere liberati dall’incubo. «Va bene anche ripartire fra i dilettanti, l’importante è che sia una cosa seria», dice Sergio Delendati. È un tifoso storico, un orfano di guerra. Lo portavano allo Stadio Tardini già all’età di quattro anni. «A domeniche alterne, il Parma Calcio e la squadra di rugby», dice con un sorriso dolce. «La cosa brutta è che stanno fallendo entrambe». Come è fallita la Parmalat. Come ha rischiato di fallire il Comune. «A Parma per anni abbiamo curato l’estetica più della sostanza», dice l’abbonato Enrico Somacher. «Gente che compra i macchinoni in leasing. Ecco cosa si è rivelata questa città: un grande bluff». Bevono del frizzantino e mangiano torte caserecce al «Petitot», un’antica casina di caccia trasformata in sede dei club dei tifosi, proprio davanti all’ingresso dello stadio. Foto, trofei, sorrisi, Scala, Sacchi, Brolin. Tutto racconta, oggi, questa nobiltà decaduta. «Manfredo il terribile», come lo chiamano gli amici, si infervora: «Io dico… Ma uno che non ha nemmeno 1500 euro per mettersi a posto i denti, può essere il nostro presidente? Uno che gira su una Citroen C3. Uno che gli pignorano l’auto per 1900 euro di multe non pagate…». Ce l’hanno con Manenti, l’ultimo dei presidenti in ordine di apparizione. «Manenti che una volta ha fatto un colloquio per farsi assumere all’Esselunga». «Manenti che un giorno dichiarò pubblicamente di aver trovato il modo di guadagnare tanti soldi: vendere olive su eBay». Storie e leggende sull’uomo che nessuno capisce.

Tutti contro Manenti E lui, bisogna ammetterlo, dopo essersi rimangiato parecchie volte la parola, non aiuta. Esce dallo stadio mezz’ora prima della fine della partita, tutto compreso in un silenzio indignato. Ce l’hanno con lui. Ce l’hanno con Tommaso Ghirardi, il terzultimo presidente. «Non ha lasciato un buco, ma una voragine, speriamo che lo arrestino», dicono i tifosi. Stanno organizzando un secondo viaggio per cercare di inscenare un funerale davanti alla sua villa in provincia di Brescia: il primo tentativo è stato bloccato dalla polizia. Poi c’è la partita. Lo stadio così vuoto che senti il rumore dei calci sugli stinchi. I bambini con le sciarpe, nonostante tutto. Il riscaldamento da spegnere in fretta per non aggravare la voragine. Le parole composte dell’allenatore Roberto Donadoni: «Questa squadra ha dei macigni sulle spalle,ma sopperisce con grande dignità. Avevamo voglia di vincere». Domenica prossima sarete in campo? «Non lo sappiamo ancora, valuteremo giorno dopo giorno». Il futuro è un’ipotesi, come cantava Ruggeri. «Fallire è il meno », dice Sergio Delendati. «Il peggio è questo presente fatto di gente senza alcun rispetto per la nostra storia».

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