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LA REPUBBLICA De Santis paga per tutti: “Imbrogli e scommesse, dopo è stato anche peggio”

De Santis
De Santis

(M. Mensurati) – «Tutto questo casino, dieci anni di indagini e processi, per condannare Massimo De Santis. È una bella soddisfazione!».

Beh detta così è un po’ riduttiva.
«Però è andata così. Dopo dieci anni, sono uscite dal processo tutte le partite, e tutti gli arbitri. Tranne me. Ma le dirò di più: sapete perché non mi hanno assolto? Perché per far stare in piedi l’associazione a delinquere di Moggi & co. gli mancava quello che si definisce “il partecipe”. E quello ero io».

Veramente l’inchiesta di Calciopoli ha superato il vaglio non solo di gip e gup al tempo delle indagini preliminari, ma di nove diversi organi giudicanti, tra giustizia ordinaria, giustizia sportiva e giustizia contabile. Nove. Un record. Ultimo dei quali, la Cassazione. E tutti sono stati concordi nel dire che nel calcio italiano c’era un’associazione a delinquere, la Cupola di Moggi. Possibile che abbiano sbagliato tutti e nove? 
«Possibile se partono tutti dalle informative dei carabinieri. Se vuole le posso dimostrare punto per punto che erano state fatte ad arte per incastrarci ». L’ha già fatto in tribunale «Ora aspetto le motivazioni ».

Cosa spera di trovarci?
«La spiegazione di come questa cupola possa aver agito, visto che poi alla fine l’unico arbitro condannato sono stato io».

Ma non poteva evitare di rinunciare alla prescrizione?
«Così facevo la fine di Moggi condannato e prescritto. Io invece voglio arrivare fino in fondo. Si prendano la responsabilità di condannarmi ingiustamente ».

Cosa pensa che ci sia “in fondo”?
«La verità. Questa inchiesta aveva anche un senso quando era partita. Nel mirino c’era la Gea. Quello era il problema. O meglio, uno dei problemi. Poi hanno voluto fare la virata sugli arbitri. E hanno fatto un casino. Si inventano la cosa delle sim svizzere, che però gli crolla».

Veramente è un caposaldo dell’accusa, in ogni grado di giudizio.
«Io non ce l’avevo quel telefono. E l’ho dimostrato. La verità, mi chiedeva. La verità è che se il calcio aveva qualcosa che non andava, non erano gli arbitri. E infatti guardi cosa è successo dopo. È ricominciato tutto. Alla Roma hanno rubato uno scudetto, il gol di Muntari era due metri dentro, hanno messo gli arbitri di porta che non vedono gol che si vedrebbero pure dalla tangenziale. Ma anche cose più gravi, c’è Conte che viene coperto dalla Federazione e fa il ct, Gillet che si vende le partite e gioca come se niente fosse, Mauri che viene arrestato e fa il titolare. Magari sbaglia la procura, o magari no. Di certo tutti fanno finta di non vedere, di non capire. Il Parma fallisce: chi si è stupito? Lo sapeva la Covisoc, e la Figc, e la giustizia sportiva, dove oggi ci sono ancora quelli che hanno fatto il processo di Calciopoli e che erano stati messi lì dai dinosauri. Palazzi l’ha messo lì Carraro, mica io. Ecco, pensi a questo e poi mi dica, qual è la cupola?».

Me lo dica lei.
«Le ho già risposto. Se vuole sapere di Moggi e gli altri, penso che ci fossero dei dirigenti che contavano più degli altri. Perché erano più bravi, più forti, più spregiudicati, o forse solo perché le grandi contano più delle piccole. Come oggi».

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