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IL TEMPO Diario di viaggio a Rotterdam: “La Gestapo olandese ci ha schedato e deportato”

Settore ospiti del De Kuip
Settore ospiti del De Kuip

Sequestrati, deportati, schedati, perquisiti. Come criminali o terroristi. Peggio, come bestie. Questo il trattamento che ci hanno riservato appena messo piede in Olanda. La stessa terra dalla quale sono partiti i tifosi del Feyenoord che hanno fatto scempio del centro di Roma orinando nella fontana del Bernini, la Barcaccia, sfregiata senza pudore.Per loro nessun controllo, nessuna perquisizione, anzi, dopo le scorribande alcoliche nella Città Eterna sono stati scortati allo stadio pure quelli senza biglietto.

Qui la storia è diversa, sequestro preventivo e tanti saluti alla libera circolazione in Europa, anche solo per vedere una partita di calcio. Il reato contestato? Essere tifosi della Roma, italiani in trasferta orgogliosi dei propri colori.

ORE 9.20

L’atmosfera a Fiumicino è elettrica, ma le sensazioni sono soltanto positive. Le operazioni di controllo filano via regolari. Felicità, cori, goliardia e voglia di dimostrare la propria appartenza. Tantissimi mostrano fieri i volantini distribuiti da Il Tempo con il conto della vergognosa calata dei tifosi del Feyenoord a Roma da presentare al re olandese. Il volo charter è pronto, con il biglietto acquistato mesi fa, prima che i barbari del Feyenoord trasformassero questa trasferta in uno psicodramma.Impuniti loro per le nefandezze compiute nella Città Eterna, deportati noi senza aver fatto niente.

ORE 11

Atterrati a Schiphol, l’avveniristico aeroporto di Amsterdam, ad attenderci sotto le scalette del charter non ci sono i soliti bus navetta ma due pullman anonimi circondati da camionette della polizia olandese. Welkom in Nederland .

Gli agenti sono moltissimi, tutti armati e in assetto antisommossa, anzi da guerra. I sudori freddi prendono il posto dei sorrisi, i cori si smorzano, la festa è già rovinata. I bagagli vengono perquisiti. Insieme ai 150 tifosi giallorossi presenti sull’aereo vengo fatto salire su uno dei due torpedoni stile gita scolastica. Si parte ma la destinazione non è il centro di Amserdam oppure lo stadio di Rotterdam, siamo scortati in aperta campagna, a pochi chilometri dall’aeroporto.Gli agenti parlano inglese e olandese, la comunicazione è difficile, veniamo fatti scendere uno per uno dal pullman fermo in mezzo al nulla nella piatta campagna olandese, sotto alla pioggia.

Documento alla mano veniamo fotografati e filmati come ricercati dei film americani e messi in riga stile Gestapo. Qualcuno, dal pullman, chiama l’ambasciata italiana per chiedere conto del trattamento che ci stanno riservato, per chiedere che le autorità impediscano questo abuso. La risposta ci fa capire che la giornata non cambierà in meglio: “Allora? Che vi aspettavate?”.

Chi ha bisogno di orinare deve farlo contro un albero, guardato a vista da una guardia che poi lo riporta in riga. Loro a Roma, sono stati lasciati liberi di farlo nella fontana del Bernini, noi come cani. Poi parte l’appello. Veniamo divisi tra «buoni» e «cattivi» con un criterio incomprensibile. Scena surreale che ricorda i film sui campi di concentramento. Chi a prima vista non viene ritenuto pericoloso sale sul pullman dei «buoni», che scopriremo diretto ad Amsterdam. I potenziali, secondo i poliziotti, hooligan salgono sul torpedone dei cattivi, sono più di ottanta, il mezzo è diretto in una caserma di Rotterdam.

Le strade si dividono anche per chi è partito in gruppo. Un papà andrà ad Amsterdam mentre il figlio a Rotterdam. Così come due ragazze, separate senza ragione, secondo motivi insondabili. O meglio, senza alcun criterio, visto che uno tra i più «agitati» finisce tra i «buoni». Per lui è quasi un’offesa. «Così me cancellate 30 anni de’ scontri», urla tra le risate degli altri. I poliziotti gli rispondono in inglese, «Non ti capiamo, non parliamo la tua lingua». Forse è meglio così.

ORE 14

Io sto tra i buoni. Insieme a un incredulo Fabrizio Grassetti, avvocato e storico presidente dell’Unione tifosi romanisti, cinquant’anni di trasferte al seguito dei giallorossi. Ci portano all’NH Hotel di Amsterdam. Liberi tutti, almeno noi. Quello di prima si sente come finito per sbaglio nel gruppo degli “sfigati”, chiama gli amici finiti nel pullman per Rotterdam , gli dice che non sembrava «buono» ma che è stato il più furbo e si era imbucato nel pullman giusto. Non ci crede neanche lui. La truppa si sparpaglia, chi ancora ne ha voglia fa un giro, tutti si rifocillano e si rilassano, qualcuno vuole approfittare delle vetrine “particolari” della città olandese.

Grazie a telefonini e socialnetwork riesco a tenermi in contatto con qualcuno dei “cattivi”.Il trattamento è dei peggiori, quello riservato a criminali e terroristi. Vengono trattati come bestie.

Sono costretti a restare per ore reclusi sul pullman fuori dalla caserma, senza mangiare e senza bere, guardati a vista dai poliziotti armati fino ai denti. Sono digiuni dalla mattina. Chi deve espletare i propri bisogni viene fatto scendere dal mezzo e scortato all’interno della caserma da un agente, fino alla porta del gabinetto. Come i mafiosi durante un trasferimento. Poi, dopo ore, li hanno portati allo stadio.

Ad Amsterdam arriva la notizia di un tifoso giallorosso arrestato, poi quella di dieci persone in stato di fermo, quattro romanisti e sei del Feyenoord, presi in custodia dopo una lite per strada. Più tardi sapremo che nessun romanista è stato arrestato, ma non ci meravigliamo più di niente.

Teniamo sotto controllo siti web e account Twitter. Secondo un quotidiano locale la polizia olandese sta circondando diversi pub di Rotterdam, con controlli e numerose persone identificate. Sembra che intorno allo stadio la situazione sia tranquilla ma i tifosi del Feyenoord sono già gonfi di birra.

ORE 18

Finalmente si parte da Amsterdam. C’è un traffico pazzesco, ci vogliono quasi tre ore per arrivare allo stadio di Rotterdam, a neanche 80 chilometri di distanza. Si entra nello stadio. Fischio d’inizio, si gioca. Anche se deportati, schedati e trattati come animali, la voglia di tifare c’è ancora. Quella non muore mai.

Fonte: Il Tempo

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