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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Taddei Gervinho Maicon
Taddei Gervinho Maicon

L’aria dell’Olimpico a primavera è frizzantina come il primo sorso di romanella appena stappata, che poi più che un vino è l’emblema liquido di Gervinho, che pizzica il palato di ogni difesa e stordisce sorso dopo sorso…Pardon: scatto dopo scatto, fino a quando uno non comincia a vederci doppio, nel senso che trova Gervais ovunque e gli viene il sospetto che si tratti di due gemelli del (quasi) goal.
Si capisce subito che l’Atalanta è scesa col timore – giustificato – di fare la fine del sorcio. Gli uomini di Colantuono cominciano subito a vacillare dai primi secondi, con la sola pausa di una fughetta velleitaria di De Luca. Dodò, lì a sinistra, ha voglia e da una sua percussione, al tredicesimo, nasce la respinta di Consigli che, mentre Totti subisce un fallo a centro area, arriva al limite dove incontra la coordinazione perfetta di Taddei: l’uno a zero è un cuore che batte sotto un sorriso largo che non tradisce mai. Ljajic, osservato specialissimo, mescola la seta del tocco di palla che sappiamo alla tela ruvida che della partecipazione al gioco che Garcia, urlando, pretende: funzionano dettami e rimproveri, il numero otto ricama sempre più a fin di bene, fino alla firma che appone sul due a zero, dopo combinazione da occhio lucido al limite dell’area orobica: Gervinho in orizzontale per Totti; carezza arcuata del Capitano che raggiunge De Rossi accorrente lungo l’out sinistro; sponda calcettistica di DDR per Ljajic cui non resta che impattare col piattino delicato. Doppio vantaggio e riposo, con un grappolo di impressioni: Totti brilla per pressing, dopo una sofferta settimana sul fronte muscolare; Toloi – taglio da “Full metal jacket” – è concentratissimo e affamato di anticipi; Nainggolan è in eccesso di polvere da sparo; De Rossi è tirato a lucido più del cranio di Colantuono. Ripresa con l’Atalanta un po’ più viva, Denis è vivo e lotta insieme a loro; la Roma sembra non accorgersene e regala il terzo goal con confezione extra lusso: tacco di Totti per Ljajic, tracciante in profondità per Gervinho, solita accelerazione disumana e destro secco che quasi sfiora Consigli ma che Consigli non vede: chi è venuto stasera non rimpiange i soldi spesi, anche perché c’è spazio per un’esecuzione di destro di Ljajic alla Zico, un gradino sotto l’incrocio dei pali che respinge con dispiacere, per la vivacità di Bastos che regala adrenalina a uno spicchio di partita, per il sorriso di Matteo Ricci che assaggia un altro cucchiaino di Serie A e per una capocciata, perfetta per scelta di tempo, con cui “carrarmatino” Migliaccio fa tre a uno. Garcia torna ad incazzarsi, la Roma si regala cinque minuti di ricreazione, qualcuno gufa ciò che non può essere. Finisce a “Roma capoccia”, per l’echeggiare delle note vendittiane e perché questa squadra è realmente prima, per gioco e continuità, per numeri e sostanza, per carattere e concentrazione. La Juventus è un’altra cosa e ognuno la intenda come meglio crede. Il campionato che i bianconeri possono solo perdere, continua a non voler finire: in Italia, è un piccolo scudetto.

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