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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Torosidis

Se tutte le prime volte fossero come quella di Nainggolan, non esisterebbe il timore dell’esordio: non stiamo giudicando chissà quale prestazione o chissà quali giocate, ci stiamo compiacendo dell’inserimento, considerato in tutto i suoi aspetti, a cominciare da quelli emotivi: il guerriero dai tratti orientali è come se da una vita combattesse per le ovazioni della Sud. Ci piace anche pensare che oltre all’inserimento, inteso come esordio, vedremo tanti inserimenti, come ad esempio quello che lo ha portato a regalare un “piattino” con poco giro a Fiorillo, che se non ci fosse stato il minimo di patema dell’esordio sarebbe probabilmente finito verso il palo più lontano. Applausi non solo di benvenuto ma anche di encomio a un’indubbia concretezza. Capitolo Ljajic: in fin dei conti, ogni romanista la pensa come Mattia Destro, i cui improperi arrivano fino in tribuna, nelle tante occasioni in cui preferisce il ghirigoro di un dribbling di troppo alla concretezza di un appoggio al compagno meglio piazzato o di una conclusione di prima che non debba per forza attendere il ricamo. Bello lo è, palla al piede, che però ecceda nello specchiarsi a mo’ di Narciso nel laghetto dell’area di rigore può risultare un lusso sempre meno sostenibile, vedi Torino sullo zero a zero, tanto per citare un esempio recente. Se è bello, Garcia deve continuare a ringhiare affinché balli, non c’è altra via. Il resto è un passaggio di turno che regala suggestioni e rivincite, arsenico e vecchi scudetti, una Signora che non s’ignora insomma, neppure in Coppa Italia. Torosidis apre al sesto e sembra apparecchiare un tardo pomeriggio più sensato, per chi ha preso freddo e Borghetti annacquati; invece la prima parte della ripresa quasi rimette in gioco gli equilibri, con lo stagionato Maresca a dettare tempi e inserimenti. Il finale è per Gervinho, che monopolizza l’attenzione ogni volta che la biglia rotola sulla tre quarti: è flipper in ogni caso, a volte involontario, a volte acceso dai contrasti di chi ha imparato a controllarlo a vista – piccolo spunto di riflessione – sul nascere dell’azione offensiva. La Juventus è alle spalle? Si, era questo il vero passaggio di turno, mentre giovani portieri, forse portieroni, crescono.

Paolo Marcacci

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