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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

De Rossi

Prima di apparecchiare per la partita, stasera bisognava sparecchiare: dalla tavola dell’Olimpico bisognava tirar via le briciole delle orme rugbistiche, l’odore dei botta e risposta societari, il fastidio del primato juventino – seppur momentaneo – maturato ieri a Livorno. Il primo vero freddo e, forse, il primo autentico bivio di una stagione già carica di tensioni. È il dazio da pagare alle ambizioni, bellezza.

La manovra giallorossa si distende come un plaid caldo sull’erba intirizzita, la Roma è densa nel possesso palla e insistente soprattutto dalla parte di Gervinho, bentornato e ben qualificato per i mondiali. Non è esatto dire che le manca il colpo risolutore, perché c’è un palo che sembra spostarsi apposta per far dispetto a Gervinho e soprattutto, al minuto numero venti, uno sguardo incredulo di Florenzi al direttore di gara, Celi, senza i ma lo stesso da intendere come esclamazione, visto che nessuna regola del vantaggio, prima di stasera, aveva mai privato del risarcimento chi viene spintonato dentro l’area. Torino, Sassuolo, Cagliari: tre indizi – o tre arbitri? – si dice che facciano una prova, no?

Il Cagliari è piuttosto abile nello sbarramento del passo e soprattutto ha attaccanti che nella fase di non possesso si sfiancano nel lavoro di copertura accorciando la squadra a fisarmonica. Non è facile insistere e al tempo stesso prestare attenzione alle percussioni di Murru e al bagaglio tecnico di Ibarbo, col sonaglio sempre pronto a trillare prima del morso. Chiedere a Castan che razza di faticaccia sia stata cercare di controllare il gigante d’ebano che incarna la profondità degli isolani quando la Roma lascia spiragli di ripartenze.

Serata rognosa, come e piú di quanto si pensasse alla vigilia. Serve pure il ruggito di tutto lo stadio, come ben sa Maicon che allo scadere del primo tempo esorta la folla sotto la Nord con un plateale “Porca puttana” in favore di telecamera. Dopo tanto sgridare, sacrosanto, di Garcia all’indirizzo di uno Ljaijc piú evanescente che lezioso, a far posto a Borriello è Florenzi, con tanto di mugugno. Poi Bradley per Maicon, quando già Garcia è stato spedito da Celi a verificare in tribuna il funzionamento della ricetrasmittente.

La clessidra è volubile come una donna di facili costumi: quando ti serve il tempo necessario all’obiettivo, sembra che goda nel farti cadere addosso i suoi granelli. Le mani di De Sanctis sulla partita, assieme a quelle di Avramov: portieri contro, un figurone per entrambi, anche così si spiega uno zero a zero.De Rossi è una spremuta di classe al servizio delle difficoltà difensive che la squadra palesa quando il Cagliari muove le pedine in avanti.

La caviglia di Pjanic, i muscoli di Benatia: il finale è una smorfia di dolore, si ricorre forzatamente ai denti digrignati di Burdisso per mandare Benatia a ricevere soccorso. Proprio dalla capocciata di Burdisso potrebbe scaturire il miracolo: altro no di Avramov. Finisce così, con un mugugno che sa di disappunto? Si, anche perché Celi non si vergogna di fischiare mentre la Roma sta completando la sua ultima offensiva. Terzo pareggio di fila, meglio pensare subito come vincere a Bergamo che iniziare processi sterili e ingiustificati. Totti logora chi non ce l’ha, ribadiamo perché di partita in partita l’assenza è sempre più un macigno.

Forza Roma, questo è il finale che sarebbe piaciuto ad Amadei.

Paolo Marcacci

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