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REPUBBLICA.IT Wilshere contro Januzaj: “L’Inghilterra agli inglesi”

Wilshere

(Enrico Franceschini) – Stanno suscitando molte polemiche le dichiarazioni del giovane centrocampista dell’Arsenal, giunte nel periodo in cui di parla di naturalizzare per i ‘Bianchi leoni’ il 18enne fenomeno dello United, Adnan Januzaj: “Anche chi ha vissuto qui per cinque anni, per me non dovrebbe giocare per la nazionale”. La replica del presidente federale: “Sè questo fosse il ragionamento, non avremmo avuto un Mo Farah”.

LONDRA – ”Keep England for the English”. Di chi è questa esortazione nazionalista, piuttosto xenofoba nell’era della globalizzazione? Non di un attivista dell’English Defence League, il gruppo razzista inglese al limite della legalità, e nemmeno di qualche tabloid populista che ce l’ha con gli stranieri. No, il grido di dolore, chiamiamolo così, proviene daJack Wilshere, calciatore dell’Arsenal e della nazionale inglese. E a provocarlo è la possibilità, per quanto ancora assai incerta e lontana temporalmente, che la nuova stella del Manchester United, il 18enne Adnan Januzaj, nato in Belgio da genitori kosovari albanesi, possa un giorno essere naturalizzato, diventare cittadino britannico e scendere in campo con la maglia della squadra dei Tre Leoni.

“Per me, se sei inglese, sei inglese e giochi per l’Inghilterra”, ha detto Wilshere, scatenando un polverone. “Le sole persone che dovrebbero giocare per l’Inghilterra sono gli inglesi. Se hai vissuto in Inghilterra per cinque anni, per me, questo non ti rende inglese. E non dovresti giocare per la nazionale. Se io andassi in Spagna e vivessi lì per cinque anni, non giocherei per la Spagna. Per me un inglese deve giocare per l’Inghilterra”.
Secondo lo statuto della Fifa, tuttavia, un giocatore ha diritto di giocare per la nazionale di un determinato paese se vi ha vissuto continuativamente per “almeno cinque anni” a partire dall’età di 18 anni, il che significa che Januzaj dovrebbe aspettarne altri cinque, pur essendo già a Manchester da due anni, e potrebbe giocare per l’Inghilterra solo quando avrà 23 anni, nel 2018. E’ uno scenario per adesso soltanto ipotetico, ma da non scartare. Sebbene già cinque nazioni lo vogliano, Belgio, Kosovo, Albania più Turchia e Serbia per via della nazionalità dei suoi nonni, è la sesta che forse interessa di più al ragazzo prodigio, l’Inghilterra appunto: forse per questo ha rifiutato la convocazione che nei giorni scorsi gli ha inviato il ct del Belgio, squadra che potrebbe portarlo con sé ai Mondiali in Brasile dell’estate prossima. E l’allenatore dello United, David Moyes, ha rivelato che effettivamente la federazione calcio inglese lo ha già avvicinato per studiare come e in che tempi Januzaj potrebbe essere naturalizzato.
Del resto, dopo cinque anni di residenza in Gran Bretagna, qualunque immigrato extra-comunitario può fare domanda per acquisire la cittadinanza: perché non dovrebbe valere anche per un immigrato che gioca a calcio? E chi è Wilshere per decidere che un inglese naturalizzato è meno inglese di un altro? In un paese pieno di immigrati come il Regno Unito, molti dei quali sono diventati cittadini britannici e personaggi di spicco, dal re dell’acciaio, l’indiano Lakshmi Mittal, alla regina degli architetti, l’irachena (di nascita) Zaha Hadid, è politicamente scorretto parlare di inglesi di “serie A” e di “serie B”. C’è inoltre un’altra ragione che va contro la sparata di Wilshere: con gli inglesi-inglesi come lui, l’Inghilterra rimedia solo frustrazioni dal 1966, l’ultima e unica volta che vinse qualcosa (i Mondiali, anche perché giocava in casa). Forse con qualche inglese d’adozione potrebbe fare meglio.

Non a caso la nazionale Under-21 di calcio è piena di inglesi immigrati, per non parlare della nazionale di cricket, che è composta in maggioranza di indiani e pachistani diventati cittadini britannici. E’ lo sport dell’era della globalizzazione. E poi, ha chiesto un giornalista a Wilshere, farebbe lo stesso discorso anche a proposito dell’allenatore dell’Inghilterra? “Bè, preferirei che fosse inglese”, e Roy Hodgson, l’attuale ct, lo è, ha detto il giocatore, “ma non fraintentedemi, Fabio Capello ha fatto molto per me”. Chissà come avrebbe reagito, il nostro mister, davanti a un’uscita del genere, quando ancora allenava l’Inghilterra e i tabloid lo accoglievano in delirio come “la nostra ultima speranza di vincere una Coppa”.
Intanto giunge la replica di Greg Dyke, presidente della Federcalcio inglese, che non condivide le posizioni del giocatore: “L’idea che qualcuno non nato qui non possa giocare nell’Inghilterra è un po’ estrema. Se fosse andata sempre così, qui non avremmo avuto un Mo Farah (ex somalo campione olimpico dei 5000 e diecimila metri ndr)”.

Fonte: Repubblica.it

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