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LA REPUBBLICA Sotto ricatto. Pianeta ultrà, ribelli e uniti: “Faremo chiudere tutto”

Ultras

(F.S.Intorcia / M.Pinci) – Un patto trasversale fra curve divise da eterna inimicizia. Una missione condivisa da Nord a Sud: contrastare l’applicazione rigida delle norme antirazziste, rivendicare il diritto di offendersi e insultarsi allo stadio, con sfottò atroci, spesso discriminanti su base territoriale, eppure tollerati dalle frange più calde del tifo, dalle vittime come dai carnefici. E all’orizzonte un rischio concreto: il boicottaggio del campionato, la chiusura di tutti gli stadi. Può saltare il banco. Gli ultra si ribellano, ritengono soffocanti le norme che praticamente impediscono il tifo contro. «Saremo ben felici di scoprire quanto un campionato a porte chiuse sarà interessante per i mercati esteri, creando un buco al sistema calcio», scrivono i sostenitori del Milan. Oltre si spinge la curva dell’Inter, preannunciando alleanze con altre tifoserie, da quelle gemellate fino ai peggiori nemici: «Auspichiamo che tutte le curve facciano cori discriminanti, per arrivare a una domenica di totale chiusura degli stadi». Il calcio è sotto ricatto. A quattro mesi dall’entrata in vigore della riforma, il giudice sportivo ha già chiuso tre curve (Lazio, Inter, Milan) e uno stadio (San Siro), senza dimenticare che la Roma ha giocato con la Sud deserta per i buu a Balotelli di un anno fa e la Lazio in Europa avrà l’Olimpico chiuso, per un coro col Legia Varsavia.

Ma il giro di vite alimenta, più che un effetto deterrente, la clamorosa ribellione dei tifosi, cui il sistema attuale attribuisce il potere, non indifferente, di togliere il pubblico a tutto il campionato, sabotando l’intero circo. La normativa in vigore da giugno punisce il razzismo di pelle e quello di latitudine, gli ululati come gli inviti al Vesuvio. Ogni odio, ogni intemperanza. Le avvisaglie del patto c’erano state già domenica. Al San Paolo, in Napoli-Livomo, gli ultrà di casa si sono insultati da soli, cantando un coro sul colera ed esponendo lo striscione “E adesso chiudeteci la curva!”. Non esattamente ironia, non solo provocazione, qualcosa di più: la reazione contro una normache dovrebbe tutelare anche e soprattutto i napoletani, fra i più discriminati, ma che le curve, nella propria logica, rifiutano. A San Siro, prima di Inter-Roma, un altro striscione nerazzurro profetizzava: “Visto che con le vostre leggi è cost facile chiudere un settore, la prossima volta quando chiuderlo lo decidiamo noi”.

Un messaggio che segnala il vulnus nel sistema: le porte chiuse, più che una pena, diventano un’arma di condizionamento nei confronti dei club. Spiegano i tifosi del Milan che un conto è la lotta al razzismo, un altro il divieto di offendersi: «Ci auguriamo che tutta Italia abbia presente a cosa andiamo incontro: ci stanno togliendo il diritto di esprimere il nostro tifo. Nessuno considera inutile o sbagliata la legge contro il razzismo, non vogliamo passare per quelli che si oppongono alla condanna di ogni forma di discriminazione. Il problema è che sul termine “ogni forma” si sta passando dalla ferma condanna di un fenomeno inaccettabile quale il razzismo all’impossibilità di essere goliardici, acidi e persino maleducati». E se la curva rosso ne ra si appella alle istituzioni per «porre rimedio all’applicazione sbagliata della legge», quella dell’Inter propone l’alleanza trasversale: «Siamo con i napoletani, proprio loro contro i quali coltiviamo acerrima inimicizia, ci riserviamo di proporre iniziative popolari coordinate con altri tifosi». Nelle altre città si medita sull’adesione al grande boicottaggio. La curva della Lazio, gemellata con l’Inter, ne discuterà a breve. In quella del Bologna (ieri un arresto in città e quattro fra i tifosi Hellas dopo gli scontri di domenica), alcuni gruppi sono già stuzzicati dall’idea di una protesta plateale. Potrebbe aderire parte della curva juventina, che già ha intonato “Fratelli d’Italia” durante il minuto di raccoglimento. Ieri, dalle perquisizioni fra gli ultrà del Venezia (Lega Pro), è spuntato uno striscione shock del Fronte Veneto Skineads: «Dopo Lampedusa? A casa tua!». E dopo la sosta si riparte daRoma-Napoli, già considerata ad alto rischio.

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