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AS ROMA Canovi: “Ho pianto per due presidenti: Viola e Sensi. Raiola? E’ uno dei mali del calcio perché pensa più ai suoi interessi che a quelli dei giocatori”

Dario Canovi

L’avvocato Dario Canovi, procuratore ed esperto di calcio, ha commentato il momento d’oro della Roma di Rudi Garcia, capolista a punteggio pieno dopo otto giornate. Queste le sue parole:

Sui suoi inizi.

“Iniziai nel calcio grazie a un mio amico, Paolo Carosi, che allenava la primavera della Lazio e mi chiese di assistere Giancarlo Morrone, che all’epoca giocava nell’Avellino e aveva avuto un incidente nel ritiro precampionato, non era assicurato e non aveva contratto. Facemmo una vertenza, ottenendo che l’Avellino gli rinnovasse un contratto che di fatto non aveva. Sibilia, presidente di allora dell’Avellino, aveva promesso che chiunque avesse avuto infortuni durante il ritiro avrebbe avuto riconosciuto lo stesso contratto dell’anno precedente. Quando andai a incontrarlo fui ricevuto in una stanzetta buia, dentro la giacca aveva una pistola, la mise sul tavolo ma mi disse subito di non preoccuparmi, anzi la girò verso se stesso. Ma mantenne la promessa sul contratto e Morrone ottenne un anno di rinnovo”.

Sul calcio di oggi.

“Il calcio una volta era più casareccio, ma una stretta di mano contava. Oggi non contano nemmeno i contratti. Un signore nel mondo del calcio? Dino Viola, con cui ho avuto degli scontri frontali notevoli, ma sapevo di avere a che fare con un vero gentiluomo. Eravamo amici. Per due presidenti ho pianto: Viola e Sensi. Tanti sono stati i presidenti con cui non ho avuto buoni rapporti, se dovessi fare un nome direi Moratti, uno su cui non ho mai avuto grandi sensazioni, non l’ho mai avuto in simpatia. Mentre un altro che adoro è Pozzo, dell’Udinese. E’ un uomo a cui è tosto togliergli anche un centesimo? Non lo so (ride). I miei rapporti con lui iniziarono in maniera incredibile, mentre trattavo il contratto di Bertoni, che andava dal Napoli all’Udinese: la premessa è che lui ha una menomazione a una mano, ma io non lo sapevo. E gli dissi: “Certo Presidente, che lei ha veramente la mano corta…”.

Sui rapporti tra giocatore e procuratore. Spesso nei comportamenti i calciatori “ereditano”  molto dal loro agente, vedi Raiola-Balotelli.

“Io credo che ci sia una simbiosi. Raiola lo conobbi quando gestiva una pizzeria, fui colpito abbastanza dal suo modo di parlare l’italiano, ora lo parla meglio… Ha un’indubbia capacità, è uno che investe molto nel calcio. Lui, come Jorge Mendes (procuratore di Mourinho, Cristiano Ronaldo e Falcao, ndr), che possiede mezzo calcio europeo, e che già da giocatore sapeva cosa avrebbe fatto da grande: pagò ai compagni di squadra il premio pur di raggiungere alcuni risultati, gestiva già un locale notturno. Lui è più un industriale del calcio. Invece Raiola… Non è una persona che amo, lo disistimo nel modo più assoluto, anzi. E’ uno dei mali del calcio, è uno che pensa più all’interesse proprio che del suo assistito, ne ho le prove. Anche se non è il solo. Ultimamente un direttore sportivo di un grande club spagnolo mi raccontava che aveva preso un giocatore, pagato 10 milioni di euro. Si è seduto a un tavolino con Raiola, che gli ha detto: “Il mio giocatore vuole tot, io voglio 4 milioni più il 20% sulla futura vendita del calciatore”. Ho rimproverato questo direttore sportivo, un amico fra l’altro, dicendogli: “Non devi raccontarlo a me, ma alla Fifa”. Ma non si può fare, è un volgare ricatto. Nessuno denuncia niente…”.

Il calcio italiano sembra essersi un po’ ripulito qualche anno fa. Ma è cambiato veramente?

“No, non c’è trasparenza. C’è un inquinamento notevole, un conflitto di interessi, per così dire: ci sono molte connivenze, tra alcuni procuratori e molti presidenti. Perché un grande un club per acquisire le prestazioni di un giocatore ha bisogno sempre di quel procuratore o agente? Non sarebbe più semplice che il direttore sportivo o il presidente di quel club si rivolgesse al suo collega dell’altra squadra chiedendogli il giocatore? Ma io mi chiedo: i giornali li leggo solo io o anche la Fifa? Platini ha qualcuno che gli traduce i giornali? Il calcio da un punto di vista economico è molto peggiorato: troppe collusioni tra agenti, agenzie, intermediari, mediatori. I costi così aumentano, si leggono certe cifre spropositate, nettamente superiori al valore dei giocatori… E allora dove vanno a finire quei soldi in più?”

Come andò con Luis Enrique?

“Sono rimasto male della vicenda. Io non lo conoscevo, mio figlio – che vive tra l’Italia e Barcellona – aveva visto il Barcellona B e gli era piaciuto molto. La Roma cercava un allenatore e così mi disse: “Perché non lo suggerisci a Sabatini?”. Io presi informazioni da Gallego, ex capitano del Real Madrid che era stato mio giocatore, gli chiesi di interpellare Luis Enrique per sondare se fosse interessato eventualmente ad andare alla Roma. Così parlai con Sabatini, mi chiese anche il numero di telefono per farlo chiamare da Baldini, che parlava bene lo spagnolo. Dopo di che la Roma non ritenne opportuno avvisarmi del fatto che la cosa andava avanti. Non fu un comportamento corretto nei miei confronti e soprattutto di Gallego, me ne sono lamentato con Baldini e Sabatini. Il loro sodalizio rotto? Baldini si era stufato di alcune cose, specialmente del fatto che certi poteri che aveva in precedenza gli erano stati tolti. La sua aspirazione, poi, era di tornare a vivere e a lavorare in Inghilterra”.

Sogni nel cassetto?

“Dopo essermi divertito a scrivere il mio primo libro, che ha avuto un discreto successo a livello di critica, voglio scrivere il secondo. Mi sono ripromesso di finire di raccontare i miei rapporti con il calcio, perché non ho solo ricordi del calcio, non mi piace vivere di ricordi”.

Fonte: Retesport-Gold Tv

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