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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

De Rossi

La tribuna del “Tardini” non pullula certo di amici; lo testimoniano i faccioni assorti del Mancio e di Sinisa. Anche per questo si presagisce che la serata possa nascondere qualche insidia all’altezza. Oddio, all’altezza…Biabiany conta uno e settantasette al garrese, per così dire, non dovrebbe rappresentare chissà quale insidia, se  parliamo di contraerea in area di rigore. Se poi però la reattività di Balzaretti nel fronteggiare Cassani al momento del cross è la stessa di Castan che controlla il peperino dall’improbabile capigliatura, allora ci sta anche che De Sanctis si ritrovi il pallone nel sacco, in un lampo dei tanti che il Parma riesce a far baluginare sulla sua  fascia destra d’attacco.

Finisce il tempo con qualche perplessità sulla concentrazione in alcuni frangenti di partita  e con un inedito: prima volta in svantaggio, “Qui si parrà la tua nobilitate…” avrebbe detto l’Alighieri se durante il suo esilio fosse stato ingaggiato anche come bordocampista. La sensazione è che gli uomini del sempre più bigio Donadoni siano molto più pericolosi con gli inserimenti tra le linee che con le due figurine Panini ormeggiate in avanti, vale a dire Cassano in versione bla-bla-bla e Amauri mobile come il Colosso di Rodi con tutto il piedistallo.
Si ricomincia e in un abbozzo di sfilacciamento, cominciano a pesare le individualità: il pareggio di Florenzi in apertura di ripresa nasce da una pralina di Pjanic che neanche nella casa del marzapane al centro di Lubecca. Nell’attesa di confezionargli su misura la miglior definizione circa il ruolo, assaporiamone i fondamentali ogni volta che possiamo: Pjanic palla al piede è piedi scalzi e Copacabana, altro che Bosnia, Erzegovina o Lussemburgo.
Si prosegue con il Parma che tradisce un filo di disunità pur nell’insistenza di un pressing che è nel vangelo donadoniano. Si rimpalla da una parte e dall’altra, si rivede pure qualche faccia quasi dimenticata, tipo quella di Okaka e capiamo pure perché.  Poi succede una cosa diversa dalla partita, perché arriva una cartolina dal Paradiso del pallone: “TantarobaStrootman vede Totti sul filo di un fuorigioco che non c’è; il Capitano parte come solo Vettel dalla pole dei circuiti che gli sono più congeniali; la palla spiove come un cuccioletto che vuol farsi addomesticare sul collo del piede; il domatore non ha età, ingabbia pure i numeri di Piola; Mirante si siede un attimo prima, secondo noi per godersi meglio lo spettacolo. Quando alla palla tocchi il Punto G, ti restituisce orgasmi d’alta classifica.
Il resto è tanto Gervinho, subentrato a Ljajic,  che sembra disorientare prima se stesso e poi gli altri, tanto che Borriello non crede ai suoi occhi quando Gervy non lo vede a centro area ma si guadagna il rigore che Strootman infila nel bazooka.  La Roma se ne torna con gli stessi punti del Napoli ma con meno, molti meno titoloni, da Parma. Bene così, vediamo se se ne accorgeranno in futuro, di quanto può essere quadrata la falange di Garcia. Meglio Tardini che mai.
Paolo Marcacci
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