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CORRIERE DELLO SPORT Spalletti, stoccate alla Roma

Luciano Spalletti

Altro che ritorno nella Capitale. Tra un paio di mesi saranno passati quattro anni esatti dal commiato alla Roma. L’esilio dorato è occasione di rivincite, forse può anche permettersele. Dietro a Luciano Spalletti ora c’è la fila, i suoi ammiccamenti amplificano però fino a un certo punto quella che sarebbe un’idea a lunga scadenza. Nulla di troppo lusinghiero, intanto, nei suoi pensieri sulla Roma che fu. A un passo dallo scudetto, antagonista conclamata dell’egemonia interista di quegli anni. Eppure a Trigoria le cose giravano un po’ così. Soppesare due situazioni può sembrare naturale, avendo incastonato tutti i trofei possibili in Russia. Ha ricominciato dallo Zenit, guardando da una prospettiva diversa il proprio passato.

COLPEVOLIZZATO – Alla sua maniera, con la misura che si conviene verso chi gli ha consegnato la prima panchina veramente di lusso del nostro campionato. Anche perché il personaggio non è mai stato sopra le righe. Tanto che le frasi sibilline non intendono per forza sconfinare nel polemico. Nel frattempo, ora ci sono tutte le condizioni affinchè la Roma non reciti da comparsa, come accaduto nell’ultimo triennio. Una sola stagione ancora all’altezza da quando Spalletti ha mollato il colpo, per poi sgonfiarsi a lungo andare. Se non una pentola a pressione, inteso come l’ambiente giallorosso, un certo accanimento si è percepito. Da qui le dimissioni per rompere gli indugi.  «Inevitabile arrivare a quella soluzione –  spiega l’allenatore –  si viaggiava su due binari diversi ormai da troppo tempo. Però mi è dispiaciuto perché quella Roma aveva ottenuto dei risultati, si era trovata una buona dimensione. Sentivo dire che bisognava fare di più, addirittura ero io che disturbavo la crescita della squadra. Sembrava assurdo, qualcosa senza una spiegazione».
ROMA SNOBBATA – Un peccato conservare dei ricordi al limite del rancoroso. Dato che riavvolgendo il nastro, ha saputo raccogliere le ceneri di una Roma caduta in disgrazia e farle ritrovare tono e competitività. Spalletti razionale, con quel filo di amarezza messa ormai da parte. Sostituita, semmai, con un legame che per sua stessa ammissione è ancora saldo.  «Ripensando a quei quattro anni voglio sperare che avessero ragione i tiratori scelti di allora: se il problema ero io, ben venga. Ma non mi sento per niente di aver limitato i progressi dei giocatori che avevo. Soltanto che poi, una volta andato via, ho avuto modo di informarmi sulla Roma nelle altre città europee in cui sono stato: non ne ho più sentito parlare». (…)
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