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GAZZETTA DELLO SPORT Garcia non è un tuffo nell’ignoto. Ci ricorda un pò l’idea Petkovic

Rudi Garcia

(R.Palumbo) Roma brontola e la perplessità è il segno distintivo dell’impatto con Rudi Garcia, primo francese a sedere su una panchina della serie A italiana, 61° allenatore della storia giallorossa, 4° della fin qui non proprio memorabile avventura americana. Non poteva essere altrimenti, dopo la «visione» baldiniana di Luis Enrique, il malinconico «ritorno al passato» di Zeman, e l’improbabile «fai da te» relativo ad Andreazzoli, con palese retropensiero rivolto al Montella perduto. C’è tuttavia qualche buon motivo per assicurare al nuovo venuto una sincera apertura di credito.

Garcia viene da un lungo percorso. Da una laurea in scienze dello sport e da una gavetta vissuta senza scorciatoie: preparatore atletico, poi tattico, poi vice allenatore e infine tecnico. Dodici anni di panchine, tutte rigorosamente francesi, col fiore all’occhiello di una stagione magica, lo scudetto e coppa del Lilla 2011. Due anni fa. E’ tanto o è poco? Mettiamola così: è abbastanza per poter dire che questo non è un tuffo nell’ignoto. La diversità dall’apprendista Luis Enrique balza agli occhi, e la oggettiva distanza che (ancora) separa Garcia dai grandi del calcio internazionale, stile Mourinho e Guardiola, non dispiace, perché Roma in questo momento ha bisogno più di un artigiano affamato che di santoni magari sazi. Il tifoso giallorosso ci perdoni l’azzardo che sconfina nella blasfemia ma in questo Garcia sembra esserci qualcosa di Petkovic, la creatura che Igli Tare ha portato alla corte di Lotito. Nessuno avrebbe puntato un centesimo su di lui, e invece avete visto come è andata a finire. Complice anche, da parte di Petkovic, una padronanza della lingua italiana che ancora non appartiene a Garcia, lacuna che questi farà bene a colmare il più presto possibile.

E’ altro comunque ciò di cui ha soprattutto bisogno il nuovo allenatore della Roma. Di tempo e di mano libera. Il contratto biennale, che sottoscriverà a breve, dice che il tempo sulla carta gli viene assicurato. Non basta. Ci vuole una società forte e con le spalle larghe che abbia la forza e la volontà di proteggerlo. Sempre e tanto più all’inizio dell’avventura. Tutto il contrario, o quasi, di quello che la Roma americana delle troppe teste parlanti è stata fin qui. Congedato Baldini, la palla resta nel campo di Pallotta, Zanzi, Sabatini, Fenucci e Baldissoni. E’ responsabilità di tutti farla rotolare insieme nella stessa direzione.

L’ultimo capitolo, la mano libera, chiama giocoforza in causa Francesco Totti, che della Roma è bandiera e storia. Compirà 37 anni a settembre, ha ancora un anno di contratto e dopo una stagione da numero uno in mezzo a tante comparse, aspira legittimamente a un prolungamento che premi la sua longeva fedeltà. Deve essere però chiara una cosa: le due stagioni di Totti devono rappresentare per le due stagioni di Garcia un’opportunità e non un vincolo.

A buoni intenditori poche parole. A tanti, come ce ne sono dentro e intorno alla Roma, pochissime.

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