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CORRIERE DELLA SERA Si cambia per forza di cose

Prandelli e Balotelli

(M. Sconcerti) – Siamo arrivati alla Confederations con la difesa a tre, l’abbiamo accantonata lungo il cammino e ora ci torniamo, come è giusto. Successe l’opposto un anno fa agli Europei, ma successe. Prepariamo per anni qualcosa che durante i tornei dobbiamo subito cambiare al volo. Sta in questo la nostra debolezza di base, manca ancora all’Italia una vera forza di squadra, una certezza finale. Molto dipende dal materiale a disposizione. L’Italia di Prandelli nasce da un errore necessario, i 4 registi (De Rossi, Pirlo, Montolivo più Marchisio). La scelta è stata farli sempre giocare tutti perché sono la parte migliore che abbiamo. Un assetto tecnico del genere non è però naturale, se allarghi una zona del campo, ne stringi altre.

Né si può sempre chiedere seriamente a Marchisio di fare il Totti. I 4 registi tengono molto il pallone, ma portano avanti l’azione lentamente. Abbiamo allora bisogno di due laterali che lo facciano per loro, ma sono due terzini. Il risultato è che al centro difendiamo spesso uno contro uno. Il rumore di Balotelli ha coperto molti discorsi di calcio che sono stati così evitati. Ha coperto anche la facilità con cui sono stati scartati i due attaccanti di fantasia migliori della stagione, El Shaarawy e Cerci. La loro esclusione riporta al discorso iniziale. Avendo un centrocampista in più e un attaccante in meno, serve che qualcuno giochi in due ruoli. L’unico per energia non può essere che Giaccherini. In sostanza fino a ora la nazionale non ha sbagliato molto, ma è stata un continuo cadere di sassi, un solo insistente moto verso un assestamento quasi impossibile da trovare.

Oggi cambia molto, Montolivo sta fuori, la difesa torna a tre, manca ancora un secondo attaccante, ma possiamo coprire tutti gli spazi. Perdiamo molto in possibilità di gioco, l’idea è quella di un grosso catenaccio organizzato, ma quella con la Spagna non sarebbe mai stata la partita per giocare allegri. Partiamo battuti, loro sono da anni i più forti. Andrebbero in difficoltà col Brasile perché soffrono i grandi individualisti, ma noi non abbiamo chi sappia saltare l’uomo. Resta da sperare in un’impresa e in una serataccia loro, ma resta l’impressione di un piccolo lungo errore nella gestione di questi ultimi 40 giorni. Tante idee cambiate, tanti moduli, diversi non significano solo stanchezza ma anche confusione. Resta un’ultima carta. È tempo di non sbagliarla.

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