IL TEMPO Per i soliti noti pagano anche i tifosi innocenti

Curva Sud

(L.Salomone) – La solita storia: gli innocenti (molti) che pagano per pochi delinquenti travestiti da tifosi. Questo sembra insegnare la chiusura della Curva romanista decretata in seguito al ripetersi di manifestazioni razziste nei confronti di Mario Balotelli, perfino a San Siro. Siamo sicuri, però, che la maggioranza silenziosa sia davvero meritevole di assoluzione piena?

Per anni hanno sopportato, nel segno del «tengo famiglia» che attorno a loro proliferasse una banda di teppisti dalle connotazioni particolari. Difficile chiedere atti di eroismo, quando si ha a che fare con inquietanti figuri magari sotto gli effetti dell’alcool o delle droghe. Forse alzare la voce non basterebbe, ma sarebbe lecito, e doveroso, reclamare l’attenzione degli steward e delle forze di polizia presenti nello stadio. Sappiamo tutti che molti dei responsabili di episodi di razzismo sono noti a chi dovrebbe garantire la sicurezza, ma qui interviene un altro fattore fondamentale, cioè la mancanza della sicurezza della pena.

I Daspo fanno ridere, quelli che ne sono colpiti sono presenze assidue negli stadi, dunque non soltanto a Roma dove la Lazio ha già pagato pegno pesantemente: per le porte chiuse, ma anche per un arbitraggio, a Istanbul, che aveva acre sapore di rappresaglia. Ora le sanzioni colpiscono anche il popolo romanista, una possibile presenza giallorossa in Europapotrebbe essere vista non proprio di buon occhio dai vertici dell’Uefa, che alla lotta al razzismo sta dedicando molte energie. Certo, tanta gente pacifica si guarda dall’intervenire quando si verificano episodi di bullismo violento, ma l’indifferenza resta colpevole, non è civile che una piccola fazione possa prevalere sugli spettatori pacifici, che già stentano a portare i figli allo stadio.

Fanno ridere le teorie degli insulti ai romani, o ai napoletani, agli improperi si può rispondere con uguale moneta, o magari con il silenzio che forse sarebbe più eloquente. Ma il razzismo è un’altra cosa, i «buu» e le banane hanno un indirizzo inequivocabile, quelli che tentano una giustificazione forse sono anche peggio dei corifei decerebrati. Domenica allo stadio uno striscione recitava, in riferimento alla finale di Coppa Italia, «Vincete o scappate». Una messaggio di stampo mafioso, inaccettabile in relazione a una partita di calcio, che il buonsenso non accosterebbe mai a una guerra civile.

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