

Ci siamo, mancano poche ore. Il fatto è che siamo poco abituati ad arrivarci in queste condizioni: avversario più che decimato, di conseguenza i favori del pronostico, la finale teoricamente ad un passo e la Lazio da affrontare all’Olimpico, eventualmente, per un trofeo non solo da celebrare ma da sottolineare con una simbologia che diventerebbe storica e che proprio per questo neppure menzioniamo. Allora cosa sarà mai quest’inquietudine che comincia a opprimere la bocca dello stomaco e che per deformazione da tifo ci porta ad immaginare insidie di ogni tipo dietro lo striminzito (per qualcuno) due a uno di partenza? Perché San Siro è San Siro, verrebbe da rispondere parafrasando lo slogan di Sanremo. Ma non è solo la “location” a suggerire scaramanzia e prudenza, è che ne abbiamo viste tante e di tutti i colori; quasi ogni volta in cui c’è stato da giocarsi un qualche traguardo la Roma è riuscita a complicarsi la vita da sola, ad applicare la sua calcistica Legge di Murphy: se qualcosa può andar male, ci andrà. Quando poi non è stata lei a complicarsela, allora sono piovuti da un cielo nefasto arbitraggi che solo a ricordarli ci tolgono il sonno. A questo proposito, la designazione di Bergonzi c’ha fatto correre un brivido lungo la schiena nonostante le temperature in questi giorni si siano innalzate sensibilmente. Certo, se uno legge la formazione dell’Inter, come dire…Ma un secondo dopo aver formulato il pensiero lo reprimiamo, sembra tutto fatto apposta per “apparecchiarci” una delusione di proporzioni più che discrete…