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IL ROMANISTA Totti-Rivera, gemelli d’oro

Francesco Totti

(F. Bovaio) – Totti come Rivera. Quante volte lo avete sentito ripetere? Un paragone che dal punto di vista tecnico-tattico sembra difficile da fare, tanto diversi sono il calcio in cui ha giocato il milanista e quello che ha visto, vede e vedrà il romanista come protagonista, nonché le epoche nelle quali i due si sono cimentati con la serie A. Ma che, almeno a livello statistico, con la presenza in campo del capitano in Roma-Parma avrà ogni fondamento. Giocando contro gli emiliani, infatti, Totti eguaglierà le 527 presenze collezionate nel nostro massimo campionato proprio da Rivera, il suo grande predecessore nella storia dei numeri dieci del calcio italiano.

A differenza di quest’ultimo, però, Totti potrà fregiarsi del merito di averle collezionate tutte e soltanto con una squadra, la sua Roma, mentre Rivera, pur essendo immortalato nell’immaginario collettivo come simbolo del Milan, le prime 26 le mise insieme con l’Alessandria, la squadra della sua città. In quest’ultima è nato il 18 agosto del 1943 e qui ha cominciato a muovere i primi passi importanti nel calcio, fino ad esordire nella massima serie con i grigi nel campionato 1958-59.

Con l’Alessandria rimase poi fino al termine del torneo seguente (1959- 60), chiudendo la sua esperienza da giovane profeta in patria proprio con le 26 gare suddette, impreziosite da 6 gol. In quell’estate del ’60, che stava aprendo un decennio che poi sarebbe stato definito “favoloso”, Rivera passò al Milan, dal quale non se ne andrà più fino all’avvento di Berlusconi al comando della società. Diciannove stagioni da giocatore (con 501 presenze, 122 gol e una montagna di titoli nel palmares, compreso il Pallone d’Oro 1969) e tante altre da dirigente, per una storia sportiva che da molti lo fa ritenere il miglior calciatore italiano di sempre. Oggi tocca a Totti raggiungerlo al nono posto della classifica dei giocatori più presenti in serie A.

L’ennesima grande soddisfazione per il capitano, che ormai sta collezionando record su record. In questa graduatoria così particolare si trova in compagnia di tanti altri “mostri sacri” del pallone italiano. Al primo posto c’è il suo amico Paolo Maldini, che come lui ha collezionato tutte le sue 647 gare in A (più uno spareggio) con una sola squadra, il Milan. Al secondo un altro fedelissimo, l’interista Javier Zanetti, con 597 partite più tre spareggi. Al terzo il portiere Pagliuca, che le sue 592 presenze le ha messe insieme con Sampdoria, Inter, Bologna e Ascoli. Al quarto Dino Zoff (570 gare), seguito da Pietro Vierchowod (562), Roberto Mancini (541), Silvio Piola (537), Ricky Albertosi (532) e, appunto, Gianni Rivera, ormai ad un passo.

Un elenco di campionissimi nel quale troviamo i tre numeri dieci che possiamo ritenere i principali testimoni dell’evoluzione vissuta dal nostro calcio negli ultimi cinquant’anni. Rivera, mito di quello degli anni sessanta e settanta, in cui si giocava in modo molto statico e nel quale chi aveva i piedi buoni dettava legge ma, allo stesso tempo, era sottoposto a marcature asfissianti da parte dei mediani avversari. Mancini, nato e cresciuto nel calcio degli anni ottanta e novanta, in cui la forza fisica cominciava ad abbinarsi alle doti tecniche del giocatore, chiamato ad una maggiore mobilità rispetto a quella che gli veniva richiesta nei decenni precedenti. E infine Totti, il migliore dei calciatori moderni (qualche tempo fa lo stesso Rivera lo aveva incoronato dicendo «è meglio di Baggio e Del Piero»), tecnicamente fortissimo e fisicamente robusto, capace di sopportare interventi durissimi e di reggere ritmi di gioco e di vita spesso frenetici. Insieme a loro, in questa classifica dei nostri migliori numeri dieci di sempre, vanno poi obbligatoriamente inseriti Roberto Baggio e Alessandro Del Piero, anche se per colpa degli infortuni (soprattutto il primo) e delle scellerate scelte societarie (il secondo) non sono riusciti ad entare nel ristretto club dei giocatori con più di 500 presenze nel nostro massimo campionato.

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