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LIVERPOOL Borini si racconta tra passato, presente e futuro

Fabio Borini

Fabio Borini, attaccante del Liverpool, ha rilasciato questa lunga intervista parlando di presente, passato e futuro, e spiegando anche perchè è terminata, questa estate, la sua avventura alla Roma:

Sei ormai a Liverpool da sei mesi, hai imparato l’accento scouser?

“Lo scouser proprio no, diciamo che però adesso capisco bene l’accento di Liverpool. Dopo essere stato a Londra e Swansea, mi trovo davvero a mio agio in una bella città che per dimensioni mi ricorda molto Bologna. È adatta a me”.

Come procede il recupero dopo l’infortunio dello scorso settembre? Sei tornato in campo e hai giocato due spezzoni contro Manchester United e Norwich, poi domenica contro l’Oldham in FA la prima da titolare. Purtroppo è stata una partita maledetta.

“Fisicamente sono al 100%. L’obiettivo era quello di recuperare con calma e ci sono riuscito. Mi manca però qualcosa a livello mentale, devo ritrovare la mia cattiveria. Purtroppo domenica è andata come è andata. Non posso negare che tutti qui siano molto delusi, a partire dal nostro allenatore. Fortunatamente adesso abbiamo tante partite importanti e occasioni per riscattarci”.

Durante il tuo infortunio è arrivato Daniel Sturridge che sta segnando a raffica. Con Luis Suarez in teoria potete comporre un tridente da vertice assoluto. Come ti trovi con questi due compagni di reparto?

“Sì, fortunatamente avevo già lavorato con Sturridge al Chelsea e posso dire di conoscerlo bene. Sono avvantaggiato da questo, ma abbiamo bisogno di un po’ di tempo per rodare. Sulla carta siamo perfetti per trovarci in campo in un 4-3-3, però abbiamo giocato assieme per la prima volta domenica e dobbiamo lavorare ancora molto in allenamento perché i meccanismi migliorino”.

Adesso arriva anche Coutinho, cosa pensi che possa dare in più al vostro tridente?

“Non mi interesso di mercato, non sta a me commentare queste voci…”.

Chi di certo sta facendo molto bene, e a sorpresa, è un ragazzino classe 1994 come Raheem Sterling. Cosa puoi dirci di lui?

“Nessuno si aspettava che potesse fare così bene da subito. Secondo me può andare molto lontano, perché un ragazzo di 18 anni che è già decisivo in sfide importanti di Premier League dimostra di avere dei mezzi fuori dal comune. Adesso deve essere bravo lui a fare la differenza in ogni allenamento. A investire nelle proprie qualità con un lavoro serio e quotidiano”.

Quanto è importante per un giovane come te lavorare al fianco di un attaccante fantastico come Suarez? Ti dà qualche consiglio?

“Mi trovo benissimo con lui, è una gioia potermi allenare con lui tutti i giorni e affinare il mio gioco. Posso imparare molto, un po’ come mi accadeva quando lavoravo con Didier Drogba”.

Esatto, tu hai già lavorato con gente del calibro dell’ivoriano, ma anche Terry, Gerrard, De Rossi e Totti. Chi ti ha impressionato di più in allenamento, chi ti ha insegnato più cose?

“Per questioni di tempo Drogba. Ho imparato tanto da lui e dal suo modo di giocare perché sono stato molto tempo al suo fianco al Chelsea. Purtroppo anche a Roma ho lavorato con due grandissimi giocatori come De Rossi e Totti, ma ho avuto meno tempo dato che sono rimasto soltanto un anno e ho subito anche un infortunio che mi ha tenuto fuori. Per me è fondamentale poter lavorare costantemente con giocatori di questo livello per mettere qualcosa in più nel mio gioco”.

Adesso ti manca soltanto il gol. Sotto la Kop hai già segnato nei preliminari di Europa League, quanto senti il bisogno di una rete vera dopo l’infortunio?

“Cerco di non pensarci troppo perché non voglio che il pensiero del gol mi distragga dal mio lavoro, che è quello di contribuire al gioco della squadra. Come dicevo prima, sento che mi manca ancora il carattere che mi ha sempre portato al salto di qualità. Devo continuare ad allenarmi bene, poi lo ritroverò. Ma non posso farmi prendere dalla fretta”.

Un’occasione per segnare il primo gol in Premier League potrebbe essere quella di domenica contro il Manchester City, una sorta di derby italiano contro la squadra di Roberto Mancini. Come vedi questa sfida e chi pensi che sia la più forte tra il City e il Manchester United?

“Non lo so francamente, so soltanto che sono due squadre fortissime contro le quali abbiamo già giocato e abbiamo dimostrato di poter dare battaglia. Contro lo United abbiamo perso due volte, ma sempre lottando sino alla fine. Con il Manchester City abbiamo pareggiato 2-2 all’andata, però meritavamo assolutamente di vincere. Quindi a me interessa quello. Domenica andremo là per cercare di strappare punti importanti in classifica”.

Dall’altra parte, a meno di sorprese di mercato, ci dovrebbe essere Mario Balotelli. Che rapporto hai con Mario e che cosa ne pensi di lui come giocatore dopo aver fatto l’Europeo con lui?

“Lo conoscevo già prima dell’Europeo dato che avevamo giocato assieme in Under 21. Con Mario mi trovo straordinariamente dentro al campo perché è davvero un giocatore fantastico. Un grandissimo. Fuori, anche se non abitiamo lontani, invece non lo frequento…”.

Dall’altra parte ci sarà anche Scott Sinclair, tuo ex compagno nello Swansea della promozione che però non ha trovato molto spazio da Mancini. Lo sentirai prima di domenica? Ti ha stupito il suo mancato successo?

“No, non penso che lo sentirò. Devo dire che Scott ha sempre fatto bene ovunque sia andato. Purtroppo adesso è capitato in una squadra come il Manchester City nella quale deve affrontare una concorrenza incredibile. Un po’ come per me, vale il discorso di essere obbligati a un salto di qualità quando si arriva in una big. Il fatto è che lui si confronta con dei giocatori assolutamente fuori dal normale. E questo è il suo problema. Ma con il tempo sono convinto che riuscirà a venir fuori”.

Negli ultimi due anni sei arrivato dall’Academy del Chelsea al Liverpool passando per la promozione con lo Swansea, il pre-campionato con il Parma e una stagione da protagonista a Roma. Cosa ti ha lasciato questo periodo straordinariamente intenso e incredibilmente breve?

“Alla fine posso dire che sia stato un periodo che mi ha dato davvero tanto. Sono stato costretto a imparare per forza e a farlo anche in fretta perché tutti questi cambiamenti mi obbligavano ad adattarmi in poco tempo. Quello che mi è sempre mancato però è la stabilità che spero di aver trovato ora al Liverpool. Quello che ho perso altrove lo sto costruendo ora. Sono cresciuto in fretta, adesso voglio soltanto crescere con costanza in un ambiente stabile”.

Per molti quell’ambiente poteva essere la Roma. Dopo una buona stagione era arrivato Zeman e il suo 4-3-3 in teoria è il modulo ideale per un attaccante come te. Ma è vero che è stato lui a non ritenerti adatto al suo stile di gioco?

“Non lo so. Quello che ti posso dire è che la Roma è il passato, il mio presente si chiama Liverpool. Se sono qui è perché la società della Roma ha deciso di vendermi al Liverpool. Con Zeman ho parlato soltanto due minuti una volta finito l’Europeo…”.

Per certi versi, però, il Liverpool di quest’anno assomiglia alla Roma della passata stagione. Con un allenatore come Rodgers che prova a cambiare la mentalità di una squadra e di un campionato portando uno stile di gioco nuovo. Qualcosa di simile al tentativo di Luis Enrique. Sei d’accordo?

“Non so quanto si possa parlare di assestamento tattico e calcistico. Credo che sia più che altro una questione mentale. Rodgers sta cercando di cambiare la cultura di un club, puntando forte sui giovani e su un progetto reale e innovativo. Ha un atteggiamento diverso da quello di tanti altri allenatori, è molto innovativo ed è normale che tutto ciò richieda tempo per ricostruire certezze in una squadra”.

Quanto è importante Steven Gerrard, il capitano che sta vivendo sulla pelle un cambiamento così radicale?

“Si tratta di un grande campione, che sta dimostrando di aver già incarnato questa idea. È in grado di trasmettere quello di cui ha bisogno l’allenatore a tutta la squadra. Sa sempre usare le parole giuste”.

Un po’ come Francesco Totti l’anno scorso a Roma?

“Sì, ma in modo differente”.

Chiudiamo con un pensiero all’Italia. Nel 2012 c’è anche stato il debutto in Nazionale maggiore contro gli Stati Uniti e l’Europeo vissuto da panchinaro di lusso. Qual è il tuo obiettivo in ambito Nazionale per il 2013?

“Avevo degli obiettivi chiari a inizio stagione e non li accantono di certo adesso. Però quello che è importante è che io torni a sentire la stessa cattiveria che avevo in campo prima dell’infortunio. Voglio sentirmi bene sino in fondo quando gioco. Tutto il resto verrà di conseguenza e non starà a me porre dei limiti alle mie ambizioni. Quelli non ci saranno mai”.

Ma se l’estate prossima dovesse arrivare una convocazione di Devis Mangia per l’Europeo Under 21 anziché quella di Cesare Prandelli per la Confederations Cup la vedresti come una bocciatura?

“Assolutamente. Andrei all’Europeo al volo, contentissimo di potermi rendere utile”.

Fonte: eurosport

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