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ORA D’ARIA Riso amaro

Ora d’aria di Paolo Marcacci

Ricordate “Nuovo Cinema Paradiso“, il film che valse l’Oscar a Giuseppe Tornatore? C’è una scena, oltre la metà del film, in cui il vecchio Alfredo (Philippe Noiret), quando accompagna alla stazione Salvatore, che sta partendo per Roma per tentare la carriera nel cinema, dice al ragazzo che se al ritorno vorrà trovare le cose così come le aveva lasciate, dovrà far passare molto, moltissimo tempo. Perché tornare dopo un po’ equivale a trovare tutto cambiato e a non riconoscere più nulla.

Zeman è tornato dopo quattordici anni, contando la stagione in corso: evidentemente si tratta di un tempo intermedio, in cui tutto è realmente così tanto diverso, compreso il pubblico, da ciò che aveva lasciato alla fine della stagione 98/99, da non riconoscere quasi più nulla. Le generazioni hanno tutto il diritto di cambiare, di creare uno stacco anche drastico, perentorio, rispetto a chi le ha precedute; non possiamo che prenderne atto.
Lo striscione comparso durante Roma-Torino, dal tono fortemente critico nei confronti di alcuni atteggiamenti del tecnico boemo che un tempo erano tra i più amati dalle sue tifoserie, non solo la nostra, ci dice semplicemente che non possiamo giudicare chi c’è adesso col metro di noi che c’eravamo prima, perché nulla corrisponde più ad un passato che a noi può sembrare anche recente ma che in realtà è lontanissimo, per chi ha vent’anni o forse meno. Non solo i valori, termine che qui riferiamo alla passione e al tifo per una squadra di calcio, ma anche e addirittura il modo di dissentire o di essere delusi.
Evidentemente Luis Enrique, con le sue risposte da filosofo alieno in un mondo in cui era precipitato per caso (o era stato paracadutato a forza), nonostante le ridicolizzazioni che la Roma sul campo subiva due volte su tre, con i  tecnici avversari che a un certo punto intimavano alle proprie squadre di non infierire troppo, era più però più adatto ad incarnare i valori del futuro: un futuro a cui si guardava anche oltre l’anno che a Trigoria ha trascorso il ciclista asturiano. Del resto, se solo avesse voluto e resistito, sarebbe ancora qua: non lo diciamo noi, lo ha ribadito più volte Franco Baldini.
A Zeman, da parte di chi  ancora lo apprezza, converrebbe soltanto augurare di tornare a fare calcio, l’anno prossimo, dove lo si segue alla lettera, dove si allestiscono squadre sulla base delle sue indicazioni, dove gli atteggiamenti di sempre non gli vengono censurati. Magari proprio a Pescara, dove lo rimpiangono e lo accoglierebbero a braccia aperte, perché la scorsa stagione, non dieci anni fa, li ha fatti esaltare e, udite udite, gli ha fatto vincere un campionato. Lì, del resto, era lui la prima scelta.
Paolo Marcacci 
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