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IL ROMANISTA Venditti canta: “Viva Zeman”

Venditti

(M. Macedonio) – «Sono molto sorpreso» confessa Antonello Venditti, che non si tira certo indietro nell’analizzare il momento della squadra dopo un inizio di stagione molto lontano da come se l’era immaginato.«Tutto avrei pensato – continua il cantautore romano – meno che a dicembre, o quasi, saremmo stati in questa condizione. Psicologica e di ambiguità. Parto dal precampionato della Roma, ma lasciando perdere le questioni societarie, che non mi interessano, perché preferisco guardare solo all’aspetto tecnico. E ricordo che, quest’estate, vedevo tutti i giocatori dediti alla causa e convinti di ciò che stavano facendo. Direi pure felici di lavorare e sudare, come Zeman stava chiedendo loro[…]».

E poi? Cosa è successo?

E’ quello che mi chiedo anch’io. Credo che proprio la partita col Catania, alla prima giornata, abbia pesato nel mandare il campionato finora in questo modo. Era come se tutti ci si aspettasse qualcos’altro, a cominciare dallo stadio, strapieno, alla squadra stessa. Che ha forse pensato che quella partita potesse essere una passeggiata. Da vincere dal 3-0 in su. Perché con una difesa che, pur non essendo stata messa a dura prova nelle amichevoli, non aveva però subito tanti gol. A riprova di quanto dicevamo in tanti, ovvero che il gioco di Zeman era cambiato e che ora la sua fase difensiva era più accorta di un tempo. Ed è, invece, come se ci fosse stato un risveglio. Perché non si è passati dal sogno alla realizzazione. […]

C’è qualcosa che rimproveri a Zeman?

Lo sento parlare e mi convince. Perché tutto ciò che dice è razionale e fondato sui numeri. Cos’è, mi chiedo quindi, che rende completamente irrazionale il comportamento della squadra, sia sul campo che fuori? Sento fare dichiarazioni che lo sono all’ennesima potenza. Come se fossimo finiti tutti su una nuvola, che prima era legata al sogno e ora solo alla confusione, mentale. E’ come se galleggiassimo, senza sapere dove questa situazione potrà portarci. E mi fa rabbia, perché se penso che nel derby, ad esempio, una partita giocata obiettivamente male dalla Roma, si è comunque andati ad un passo dal 3-3… […]

Come ti spieghi però che sia così difficile metterlo in pratica? E’ perché i giocatori non ne sono convinti o non sono adatti?

Sia con Luis Enrique che con Zeman parliamo di “innaturalità” del calcio. E da quella dell’uno siamo passati a quella dell’altro. Come dire da un’utopia a un’altra. E già il primo era riuscito a trascinare i giocatori, che erano rimasti affascinati dal quel gioco. Lo stesso dicasi per Zeman. Perché alla base di tutti e due i tecnici, c’è il gioco di squadra, fatto di movimenti. Che però non vedo mettere in pratica. Perché? Il perché è nei giocatori. Spesso manca il coraggio, o anche solo la sicurezza che ti viene dal padroneggiare determinati meccanismi. La linea difensiva, pertanto, non sale come dovrebbe. Mentre quando si abbassa, il centrocampo e le punte non retrocedono a loro volta, con la conseguenza che si lascia campo agli avversari. Il gioco di Zeman non vuole questo, ma tutto il contrario. […]

Un ruolo decisivo, a questo proposito, lo ricopre il centrale di centrocampo. Come valuti la scelta di Zeman nel preferire Tachtsidis in quella posizione?

La polemica su De Rossi mi sembra pretestuosa. Daniele è un grande giocatore, che ha però giocato in tutte le posizioni possibili. Anche centrale difensivo, con Luis Enrique, o dovunque in mezzo al campo. Con qualsiasi allenatore. Si tratta solo di capire come impiegarlo al meglio. E lui stesso deve capire questo. Perché tutti vorrebbero che stesse bene alla Roma e che qui desse il massimo. […]

E’ quindi, come dice Zeman, un problema di concentrazione per tutti i 90’?

C’è sicuramente un problema nervoso, direi di fragilità psicologica. Che in questa squadra è spesso superiore alla norma. Ciò è anche dovuto al fatto che spesso si mettono sotto accusa i singoli. Ed è invece sbagliato farlo. Si danno colpe a Piris, a Tachtsidis, a Balzaretti. O a Goichochea, per quell’errore sul gol di Candreva. Ma quanti sono i giocatori che non fanno errori? Li fa anche Buffon[…] Torno su Piris, che ho visto giocare a lungo in Paraguay e mi è sempre piaciuto. Spesso ciò che gli viene attribuito come colpa è dovuto ad errori di altri. Perché, in generale, gli errori individuali, pur così frequenti, sono frutto di sbandamenti collettivi, di squadra. Ripeto: siamo troppo “lunghi”. E la difesa non dovrebbe mai trovarsi nella condizione dell’uno contro uno, a metà campo. Perché qualcuno avrebbe già dovuto prendere la palla, ma evidentemente ha fatto male il pressing. E se si crea la “terra di nessuno”, arretrando, è perché non si trova il coraggio di andare in anticipo e in avanti. Fidandosi del movimento dei propri compagni. E se ciò non riesce, è perché per molti di loro è un modo di giocare innaturale, diverso da come si era abituati fino ad oggi.[…]

A proposito,quanto è importante e significativo che proprio Totti sia tra quelli che più di altri si sono schierati a difesa del tecnico, dimostrando di credere fermamente in questo gioco?

Se è per questo, lui è uno che va anche a coprire i buchi. Nel senso che reinterpreta il gioco di Zeman a suo modo, e da fuoriclasse qual è, lo fa ovviamente bene. Ma a volte, anche lui va fuori schema. Succede quando vede che lo schema non c’è. E allora, si mette al servizio della squadra e fa lui quello che gli altri non fanno. Dobbiamo ringraziarlo per questo, anche se il gioco non è più di Zeman ma di “Zeman più Totti”.

Come si esce da questa situazione?

Innanzitutto, con la società. Che deve mettere grande forza nel dare potere tecnico, e anche disciplinare, all’allenatore. Rafforzando quindi la posizione di Zeman. E poi, dando respiro a qualche giocatore. Penso a Florenzi, che non ha saltato un solo impegno delle nazionali, tutte, dalla under 21 alla prima squadra. E ancora, e in questo credo che Zeman sia un po’ mancato, rispettando quella che in tutti gli spogliatoi costituisce una normale gerarchia.

Può essere questo ad aver determinato qualche attrito tra il tecnico e qualche giocatore?

Può esistere lo stress da allenamento. Perché quando sei costretto a dare tutto in settimana per conquistarti il posto, rischi poi di arrivare scarico al momento di giocare la gara di campionato. Hai ottenuto ciò che volevi, ovvero giocare, ma hai già esaurito le tue energie. Posso capirlo per uno nuovo, che deve meritarsi la convocazione. Ma un professionista affermato, a mio parere, non deve dimostrare in allenamento ciò che potrà fare la domenica. Lo si sa già. Un conto è avere solo giovani in squadra, e uno avere anche dei campioni. E’ come non capire la differenza tra Totti e Okaka. Ed è come se io, prima di un concerto, mi mettessi a cantare per otto ore. Ci arriverei senza voce… […]

Cos’altro serve?

Forse equilibrio. C’è chi fa troppo e chi fa troppo poco. Paradossalmente, la squadra ha dimostrato la sua forza proprio a Milano, contro l’Inter. Lo vedevi che, almeno psicologicamente, i giocatori c’erano. Con il cervello e con le gambe. E per tutta la partita. Perché è tra le poche volte, insieme a Genova, in cui anche nel secondo tempo sei stato all’altezza della situazione, ricominciando da capo. E dosando le energie, perché non è possibile correre per novanta minuti senza rifiatare. Era subito dopo Roma-Catania, ma l’autostima era evidentemente ancora forte e sotto l’influsso del clima precampionato. Dopo di allora, si è entrati in un tunnel, da cui non si è ancora usciti. Serve consapevolezza, anziché dubbi. […]

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