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GAZZETTA DELLO SPORT Spalletti: “Tifo per la Roma. Tornerei in Italia, ma dipende dagli obiettivi”

Luciano Spalletti

(F. Bianchi) – Le mille luci sulla Neva occhieggiano poco lontano dallo stadio Petrovski. Luciano Spallettinon si è ancora stancato di ammirare la sua «nuova» città.«San Pietroburgo è meravigliosa e sicura: puoi girare tranquillo a ogni ora. L’estate poi, con le notti bianche, la gente che si riversa sul fiume e nei canali… non si va mai a letto. Ci sono negozi aperti 24 su 24. Vai a cena e poi fai la spesa. Ma io non esco molto. Sto a casa con la famiglia, soprattutto ora che c’è Matilde (l’ultima arrivata, un anno), grande accentratrice. Amici? Il console e pochi altri. L’Ermitage? Ci andiamo ogni volta che vengono amici e parenti. Ormai potrei fare la guida». Non ha perso la voglia di scherzare, anche se nello stadio le luci si sono spente con tristezza. Pari col Malaga, Zenit fuori dalla Champions. E c’è anche la batosta del petardo: 3-0 a tavolino e due gare in casa a porte chiuse. La prima contro la capolista Cska, distante 6 punti.

Spalletti, si aspettava questa sentenza?

«Per me non c’erano nemmeno i presupposti per la sospensione della gara. Il portiere si era rimesso fascia e guanti, poi gli hanno detto che se non poteva continuare la gara sarebbe finita lì. Il petardo è partito dalla nostra curva, ma i biglietti si vendevano online. Chiunque poteva comprarli. Si doveva tenere conto di tutto questo. Speravo di non dover dire ai ragazzi che per vincere bisogna partire da -3 (successe anche l’anno scorso, per una regola cambiata dall’oggi al domani ndr)».

Campionato più complicato. E Champions finita. Cosa c’è che non va?

«Anche questa stagione eravamo partiti bene (dopo due scudetti consecutivi ndr). Abbiamo tentato di fare meglio, prendendo giocatori di livello ad hoc. Ma nonostante l’attenzione nella scelta e i soldi spesi, gli acquisti hanno creato qualche piccolo disturbo nel gruppo. In più, Danny è rientrato ora e col Malaga ha giocato la prima buona gara. Hulk viene da un infortunio. Insomma, lo Zenit è una squadra che ha perso un po’ d’equilibrio».

Sperava di poter mettere paura al Milan a San Siro, vero?

«Sinceramente, ero convinto di vincere col Malaga. Ma prendere due gol così in dieci minuti ha scombussolato i piani. Dobbiamo accettare questo pari. Peccato. Ma ero convinto che anche il Milan avrebbe fato bene. L’avevo battezzata come la migliore del nostro girone, anche per la sua storia».

Giusto tenere Allegri dunque?

«Era il minimo che potesse fare il Milan, per il bel lavoro compiuto l’anno scorso da Massimiliano. Il gruppo si sta ritrovando. Il Milan ha tanti giocatori di qualità che se funzionano insieme possono portarlo lontano in Champions».

Anche la Juve può farlo?

«Ha la cattiveria agonistica che in Europa aiuta molto. Si sta confermando un grande gruppo, con un grande carattere. Sì, può sorprendere».

Avesse un bomber...

«Per togliere chi? Deve essere davvero un big per levare Vucinic o Quagliarella. Drogba? Sulla carta ci sta, poi bisogna vedere in pratica. Inserisci uno e magari ti si rompe l’equilibrio. La Juve è forte così».

Chi le piace ancora in Italia?

«Il Napoli. Mi piacerebbe che vincesse lo scudetto. La Juve è di certo la squadra da battere, ma ha messo pesantemente la mano sulla rosa. Il Napoli ha fatto scelte oculate e l’opera di Mazzarri, lavoro di crescita di talenti e continuità di risultati, andrebbe premiata. Anche perché il Napoli ha qualche mezzo in meno di altre. Poi penso alla Fiorentina. E’ quella che ha lavorato meglio sulla scelta dei giocatori e del tecnico. Prendendo Montella, la Viola ha scelto il bel gioco. E Vincenzo è stato bravo a piantare nel progetto uno che conosce il segreto del gioco del calcio: Pizarro. Al mondo, ce ne sono pochi come lui. Mi piace molto anche Cuadrado, uno che cambia le partite».

Non ha nostalgia dell’Italia?

«Tanta, perché comunque gli affetti sono là. Anche del calcio, sì. Ho avuto la fortuna di veder giocare bene le mie squadre. Con la Roma è stato proprio un divertimento. Tifo per la Roma. E’ ancora in rodaggio, per il motore che ha. Zeman è un tecnico di spessore, personalità e anche qualità. Ma ancora non si vede. Spero metta la squadra a puntino».

Chi le piacerebbe allenare? 

Ride. «Ah, domanda cattiva. Non si fa. Nel calcio si cambia idea facilmente ma per ora credo di restare all’estero. Ho un contratto di 3 anni con lo Zenit e un grande presidente con una caratteristica fondamentale per me: vuole bene alla città e alla squadra. E poi mi piace vincere, guadagnare e comandare. Sono viziato ormai. Ci tornerei anche in Italia, ma bisogna vedere come e con quali obiettivi. Una cosa è certa: prima di chiudere mi garberebbe un’esperienza in Inghilterra».

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