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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Totti

Ogni commento dopo pomeriggi come questo è completamente inutile; il derby per la Roma finisce in un pantano e ci starebbe bene anche la maiuscola per questo termine, poiché non sono stati il nubifragio né il terreno di gioco a renderlo simile: la colpa è di episodi assurdi a certi livelli: comunque la si voglia leggere, dalla punizione di Candreva in poi la Lazio si è ritrovata in mano un derby senza capo né coda, riacciuffato grazie ad un intervento assurdo per portieri di qualsivoglia categoria, con un vantaggio trovato per un colossale concorso di colpa a livello difensivo, dove ancora una volta Klose ha avuto il tempo di prendere persino il caffè prima di aggiustarsi il tiro; infine, con un intervento di Piris che è un po’ l’emblema del novanta per cento della campagna acquisti, come testimoniano la classifica e svariati momenti di partita. Invece del ricamo inutile, allora è meglio prodursi in un’altra operazione, che nessuno di quelli a cui competerebbe si sognerà mai di compiere: le scuse a Francesco Totti. Il Capitano non merita di essere sottoposto a questo tipo di umiliazioni, non deve essere coinvolto in un simile naufragio, un naufragio che presenta anche l’aggravante delle illusioni intermedie, isolette di temporaneo conforto, tipo Marassi o la gara interna col Palermo, che ogni volta fanno pensare ad una svolta e che ogni volta ci espongono a sviste ed errori o, per essere più chiari e diretti, a scrivere una miriade di cazzate. A cominciare dall’autore di questa rubrica, che dopo i rari episodi positivi di questa stagione già alla deriva ha creduto ogni volta di scorgere la svolta più importante: quella caratteriale, che prescinde da Spalletti, da Ranieri, da Zeman e persino, pensate un po’, da Luis Enrique, per quanto è possibile. Francesco Totti anche stavolta si caricherà sulle spalle, a livello di immagine, il carico pesantissimo di una disfatta che ha, nella lettura degli episodi, sfumature tragicomiche; laddove competerebbe ad altri mettere la faccia per il primo piano con il sottotitolo delle scuse. A proposito: un primo “risultato”, anche se il termine è chiaramente ironico, consisterebbe nell’abbandono di una inappropriata poesia così come di una prosa stucchevole, a livello dirigenziale.  I tifosi della Roma hanno fame di pane, cioè risultati, non gli si possono proporre le brioches delle promesse, tanto per fare una similitudine storica di quelle che tanto ama qualche dirigente. Dopo le scuse che tutta la Roma, inteso come entità (dall’identità magari incerta, attualmente), deve al suo Capitano e ai suoi tifosi, anche e soprattutto a quelli che ancora mostrano fiducia, non si pensi che oggi in questa rubrica non si voglia parlare di Daniele De Rossi. Il fatto è che parlarne adesso, col cadavere del derby ancora caldo, equivarrebbe a sparare sulla Croce Rossa. Cosa aggiungerebbe alla nostra riflessione? Ci limitiamo ad una sentenza per così dire “emotiva”, questo si: quel pugno in faccia è come se l’avessimo preso tutti noi, cioè i tifosi e state certi che siamo quelli che lo meritano meno di tutti.

Paolo Marcacci 
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