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LA STAMPA Contro

Zeman

(M. Ansaldo) – Una partita. Un episodio. Un giudizio. Quale fu la scintilla da cui nacque l’odio tra Zeman e la Juve? E perché un allenatore mai in concorrenza con i successi juventini, troppa era la distanza tra le sue squadre e i bianconeri, è diventato il nemico di riferimento, più di Mourinho all’Inter? Realtà e leggenda si confondono, quasi manca il punto di partenza nella storia cui non si porrà mai il punto di arrivo forse perché fa comodo a tutti che sia così. Certo, Zeman è l’uomo da cui partì nel ‘98 l’inchiesta di Guariniello sull’abuso di farmaci che ha segnato un pezzo della storia bianconera ma l’antipatia è più antica.

Si dice che cominciò quando il Boemo, tifoso bianconero quando arrivò dalla Cecoslovacchia, si sentì tradito nel sogno di lavorare per la Juve: avrebbe ricevuto in questo senso una mezza promessa da

Boniperti che l’avvento di Moggi e Giraudo rese irrealizzabile. Zeman non ha mai smentito quella voce e i suoi attacchi cominciarono proprio con la Triade, cui rischiò di fare un brutto scherzo. Ottobre 1994. La Juve in fase di ricostruzione perse malissimo a Foggia, con due gol di Bresciano. Una lezione di calcio. Sull’aereo che dopo la partita portava i bianconeri a Funchal per la Coppa Uefa il clima era pesante: musi lunghi, mezze accuse, pareva in discussione persino la panchina di Lippi che pure aveva cominciato bene il campionato. Con l’allenatore sarebbe finita male anche la nuova dirigenza che molti, all’interno della Fiat e del mondo juventino, avevano accolto acerbamente per via di Moggi e soprattutto di Giraudo. «Avevamo un anno di prova, se avessimo fallito ci avrebbero cacciato», raccontò Giraudo. Nell’occasione pare che fosse arrivato a Torino il commento sapido di Zeman.

È difficile ricostruire un ventennio di livore. È più semplice descrivere cosa sarà oggi la partita della Juve contro il nemico. Innanzitutto è la prima volta che Zeman si propone come un rivale credibile per il campionato e non per una partita. La Roma ha 5 punti di distacco e sono più di quanti si pensasse ma ha le potenzialità per rimettersi in corsa per lo scudetto e Conte lo sa. Dunque c’è l’occasione per assestare un colpo alle ambizioni giallorosse e a Zeman, che oggi raccoglie meno entusiasmo che al suo arrivo: con una vittoria la Juve marcherebbe la differenza da una squadra di talento ma ancora inaffidabile nei comportamenti, rinvigorendo il concetto che con il Boemo ci si diverte ma non si vince mai. Rimane memorabile una sua prestazione a Torino con il Lecce che per un quarto d’ora mandò completamente in tilt i bianconeri di Capello e passò in vantaggio con Vucinic: prima dell’intervallo, però, aveva già preso tre gol in contropiede con la propria metà campo deserta. Finì 5-2, tripletta di Ibrahimovic. Oggi Zeman ha corretto certi eccessi tuttavia la Roma

L’altra esigenza juventina è di troncare sul nascere le perplessità nate dal pareggio di Firenze in cui si è trovata in difficoltà come mai nella gestione di Conte. La Roma ha un assetto diverso dai viola e dalla Juve però nutre la stessa ambizione di far gioco e lo si è visto a San Siro contro l’Inter: insomma sarà un’altra partita a chi impone il proprio ritmo, il palleggio, la pressione a centrocampo. È un nuovo test per capire cos’è in questo momento la Juve e come sappia gestire l’impegno in campionato e in Coppa, con l’attenzione puntata a martedì contro lo Shakhtar, partita da vincere assolutamente per non complicarsi la vita nel girone di Champions League.

L’anno scorso la squadra decollò quando assunse una fisionomia precisa e con pochi cambi, il turnover attuale ha impolverato alcuni meccanismi soprattutto a centrocampo e stavolta Conte tornerà all’antico con Vidal, Pirlo, Marchisio e probabilmente con Lichtsteiner e De Ceglie sulle fasce. In attacco vicino a Vucinic dovrebbe tornare Matri. È la Juve collaudata in un anno. Squadra «vecchia» come è vecchio il nemico.


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